I bei discorsi del governo italiano sulla ricerca delle verità sul caso Regeni si infrangono contro gli importanti affari tra Italia e Egitto, che comprendono vendite di navi e aerei militari a uno dei regimi più autoritari e violenti del Mediterraneo.


Si tratta di una ferita aperta per il nostro paese e continuerà a precludere il pieno sviluppo dei rapporti con l’Egitto finché non saranno assicurate verità e giustizia che continuiamo a chiedere incessantemente e ad ogni livello.

Questa frase è stata pronunciata qualche giorno fa dal viceministro degli Esteri Marina Sereni, l’ennesima frase di circostanza che, come il ‘caso’ Regeni insegna, non avrà conseguenze pratiche nell’angusta arena della realpolitik.

A quanto pare, per la politica italiana ed europea, non bastano le bugie ripetute da quattro anni da parte del paranoico regime egiziano sulla tortura e l’uccisione del ricercatore italiano.

I rapporti con l’Egitto sono più saldi che mai e ne sono dimostrazione gli affari miliardari che il capitalismo italiano sta stringendo con il regime egiziano.

Notizia di pochi giorni fa, il governo italiano ha dato il via libera alla vendita di due fregate di classe Fremm dal valore di 1,2 miliardi di euro.

L’affare si è concluso dopo una telefonata tra il presidente Conte e il dittatore egiziano al-Sisi che, con la scusa dell’intensificarsi dello scontro tra potenze imperialiste in Libia, ha pensato bene di concludere in fretta l’accordo facendo tirare un sospiro di sollievo a Fincantieri, dopo che varie voci della società civile avevano già cominciato a chiedere gran voce l’interruzione dell’affare.

La commessa, tuttavia, non si ferma alle due navi. Infatti, come riporta il Fatto Quotidiano, nell’ordine ci sarebbero altre 4 fregate, 20 pattugliatori d’altura fabbricati da Fincantieri, 24 caccia Eurofighter Typhoon e 20 velivoli da addestramento M346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, per un valore totale stimato fra i 9 e gli 11 miliardi di euro.

La vendita delle due navi militari è solo l’ultimo degli affari del nostro governo con al-Sisi. L’interscambio commerciale nei due paesi negli ultimi anni è aumentato, soprattutto per gli armamenti – alla faccia della richiesta di giustizia per Giulio.

Nel solo 2019 l’Italia ha venduto al dittatore egiziano ben 871,9 milioni di euro in armamenti, tra carri armati ed elicotteri prodotti da Leonardo.

Oggi, a sei mesi dall’inizio dell’anno, le due fregate Fremm da sole hanno già di fatto battuto il record dell’anno precedente.

Armamenti che oggi servono all’Egitto per appoggiare il sanguinario Khalifa Haftar in Libia – anche se al Generale della Cirenaica non sta andando troppo bene nella sua Campagna di Tripoli -, per la repressione del terrorismo islamista nel Sinai – che da anni mette in seria difficoltà il governo egiziano- e per tener alta la tensione sull’annosa crisi con Etiopia e Sudan sulla diga di Nahda nella stessa Etiopia – che una ditta italiana sta costruendo e che potrebbe mettere in seria difficoltà la popolazione egiziana.

Ciò, tuttavia, che rende ancora più tragicomiche le relazioni bilaterali italo-egiziane è il continuo piagnisteo di tutta la stampa borghese e di quella frangia di esperti organici al capitale nazionale su presunte manovre di alcuni Stati europei per togliere all’Italia la corsia preferenziale sui rapporti commerciali con l’Egitto.

In quest’ultimo periodo, la mobilitazione e le iniziative di alcune organizzazioni per il disarmo ha di fatto scatenato il pianto del coccodrillo di alcuni organi della stampa e additando le stesse di essere delle ‘quinte colonne’ che danneggiano l’economia militare italiana.

In uno degli articoli più aggressivi degli ultimi giorni contro la campagna per il blocco della vendita di armi in Egitto si riportava: “Fino a quando la classe politica italiana sarà condizionabile — e condizionata — da queste scelte ideologiche non sarà mai in grado di attuare una politica estera all’insegna della realpolitik e non sarà quindi mai in grado di competere alla pari con paesi come la Francia che sarebbero ben lieti di sottrarre le commesse militari — e non solo — al nostro paese”.

Si può dire tutto sulla “classe politica” italiana, tranne che abbia ceduto dalle ‘scelte ideologiche’ dei pacifisti italiani e abbia denigrato la realpolitik.

La presenza dell’ambasciatore italiano in Egitto il quale, a detta dell’allora governo Gentiloni, rappresentava ‘passo in avanti nella collaborazione’, non ha fatto muovere di un centimetro le indagini sulla tortura e l’uccisione di Giulio Regeni.

L’interscambio commerciale dal 2017 al 2019 non ha subito alcuna flessione e il 2020 si profila ancora più roseo per il capitalismo italiano: il regime di al-Sisi con le due fregate Fremm raggiunge, insieme alle merci alimentari, ai prodotti chimici farmaceutici e ai prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio, le cifre del 2019 – e siamo solo a giugno! – a conferma che l’Egitto è e resterà, per dirla con le parole di Alfano, uno dei ’partner ineludibili per l’Italia’.

Di fronte a queste cifre, non sembra che il capitalismo italiano si trovi in difficoltà nel paese del faraone al-Sisi e la realpolitik è stata semmai uno dei fattori determinanti se ad oggi, dopo quattro anni, la verità su Giulio non è ancora arrivata.

Chi oggi versa lacrime per fantomatici complotti contro l’economia italiana probabilmente non è a conoscenza di cosa è oggi l’Egitto: un paese in piena crisi economica (perfettamente dentro il quadro di recessione mondiale) che non riesce a far fronte alla crisi della pandemia da Coronavirus.

Un paese che proprio in questi ultimi giorni ha chiesto ulteriori 5,2 miliardi di dollari, che si sommano ai 12 del 2016, al FMI che a sua volta pretenderà ulteriori programmi di riforma economica con tagli – se ancora si può tagliare – ai servizi pubblici, agli ospedali, ai trasporti e all’istruzione.

Un paese che appare stabile, di dice spesso. Una stabilità cara ai governi occidentali, fondata su tortura e incarcerazioni contro i suoi figli più illustri: dai compagni Alaa Abdel Fattah e Mahienour al-Masri allo studente Patrick Zaki che oggi marciscono nel carcere di Tora al Cairo.

Libertà per i prigionieri politici egiziani!

Verità e giustizia per Giulio Regeni!

Mat Farouq

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