Dopo diversi giorni di manifestazioni, scontri di strada e repressione violenta, il presidente colombiano ha annunciato il ritiro del progetto di riforma. Cercherà il consenso del Congresso.


Il presidente colombiano Ivan Duque ha annunciato ieri il ritiro del disegno di legge di riforma fiscale presentato al Congresso il 15 aprile, che ha innescato una ribellione contro il suo governo per quattro giorni nel paese.

“Chiedo al Congresso della Repubblica il ritiro del progetto depositato dal Ministero delle Finanze, e di elaborare urgentemente un nuovo progetto frutto del consenso e quindi evitare l’incertezza finanziaria”, ha detto Duque in una dichiarazione alla Casa de Nariño, sede del governo.

Migliaia e migliaia di colombiani sono scesi in piazza dal 28 aprile, contro la riforma fiscale e con altre richieste più profonde contro il disastro sociale, economico e sanitario del governo di Ivan Duque.

Il governo ha risposto con una violenta repressione poliziesca che ha ucciso almeno 14 persone dall’inizio della mobilitazione, con decine di feriti e detenuti.

L’azione violenta della polizia si è ripetuta ogni giorno della manifestazione. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano omicidi, abusi e detenzioni arbitrarie. Se questo non bastasse, il presidente aveva ordinato sabato sera che le forze armate, addestrate per anni dalla Drug Enforcement Administration (DEA) e da altre forze statunitensi per la presunta “guerra alla droga”, intervenissero direttamente per imporre l’ordine.

Lungi dal calmare le proteste, questa domenica le manifestazioni sono ricominciate, mentre i camionisti hanno effettuato uno sciopero che ha minacciato di interrompere le forniture nel paese.

Il presidente Duque, senza alcun sostegno nel Congresso, compresa un’ala del suo partito che si è opposta alla riforma, e con la maggior parte dell’arco politico colombiano che premeva per abbandonare il suo progetto, alla fine ha fatto marcia indietro a seguito delle manifestazioni.

Il presidente ha aggiunto che “la riforma non è un capriccio. La riforma è una necessità. Ritirarla o no, non è stata la discussione” chiarendo che cercherà un altro modo per attuare la riforma. Duque ha chiarito che ora cercherà di negoziare con gli altri partiti del Congresso una riforma che raggiunga il “consenso”.

La proposta originale includeva l’espansione della base imponibile per includere coloro che guadagnano meno tra coloro che pagano le tasse e imporre un’IVA del 19% sui servizi pubblici di livello medio e alto, tra le altre misure che sono state la causa scatenante delle proteste in tutto il paese.

La riforma fiscale è difesa dagli analisti economici che la considerano essenziale per la Colombia per aumentare il suo reddito. Per gli uomini d’affari e i settori di potere in Colombia la necessità di una riforma fiscale non è in discussione: i dibattiti si concentrano su come e quando attuarla.

Il tentativo di Duque di decomprimere la situazione non è stato sufficiente, né lo è stata la violenta repressione contro i manifestanti, e le proteste che hanno affrontato le azioni delle forze repressive hanno costretto il nuovo annuncio presidenziale.

Le politiche dell’attuale governo hanno portato milioni di colombiani a peggiorare la loro situazione, cosa che la pandemia di coronavirus ha esacerbato. Secondo le statistiche del DANE (Dipartimento Nazionale Amministrativo di Statistica), il tasso di povertà monetaria in Colombia per il 2020 è aumentato di 6,8 punti percentuali al 42,5%, il che significa che 21,2 milioni di colombiani non hanno abbastanza reddito per soddisfare le loro esigenze di base.

Inoltre, quasi 3,6 milioni di colombiani sono scesi sotto la soglia di povertà l’anno scorso a causa della peggiore recessione economica degli ultimi 120 anni. Più di un milione di coloro che ora vivono in povertà provengono da Bogotà, la capitale, che ha contribuito al 31,3% del totale, secondo il rapporto della DANE.

La ribellione in Colombia è l’espressione di rivendicazioni economiche e sociali molto profonde ed è ciò che è stato messo in moto. Il paese indicato come un esempio dalla destra nella regione, e un pezzo chiave nell’interferenza degli Stati Uniti in America Latina, vive giorni intensi di proteste che riprendono quelle vissute nel 2019.

Non si tratta solo di una riforma fiscale: è in questione il modello neoliberale, che per anni è stato sostenuto dal terrore della presunta “guerra alla droga” e che oggi si dispiega con la violenza contro milioni di persone che scendono in piazza.

Gli scioperi e le mobilitazioni, dove migliaia di giovani hanno affrontato le squadre antisommossa della polizia, hanno mostrato che una forza capace di trasformare la realtà vissuta da milioni di persone era in movimento. Non basta che il presidente ritiri il suo progetto di riforma in cambio di uno nuovo concordato con l’opposizione parlamentare.

Questi giorni potrebbero costituire un primo passo di un piano di lotta che vada sulla strada di uno sciopero generale, per ottenere che Duque se ne vada e per istituire un’assemblea costituente libera e sovrana che discuta la risoluzione dei problemi che colpiscono milioni di persone, come la disoccupazione, la precarietà del lavoro, e metta in discussione i patti con gli Stati Uniti.

Per questo è necessario avanzare nell’auto-organizzazione, creando organizzazioni di lotta ed esigere che le direzioni delle organizzazioni operaie e studentesche lascino la via del negoziato e del dialogo, che cercano di decomprimere la situazione della ribellione iniziata in Colombia.

Diego Sacchi

Traduzione da La Izquierda Diario

Nato a Buenos Aires nel 1977, membro del Partido de Trabajadores Socialistas dal 1994. Giornalista, redattore della sezione internazionale de La Izquierda Diario ed editorialista di questioni internazionali per il programma radiofonico El Círculo Rojo.