È notizia di poche ore fa l’annuncio ufficiale dell’abbandono di un deputato locale del partito “comunista” russo, il CPRF, in protesta al supporto de facto all’attacco all’Ucraina. Sembrerebbe che sia solo il primo di vari episodi che si stanno moltiplicando.


Viktor Kamenshchikov, fino a ieri, era membro del Partito Comunista della Federazione Russa (noto con la sigla inglese CPRF) e deputato del parlamento locale (Duma) di Vladivostok, capoluogo regionale nell’estremo oriente russo.

Come ha dichiarato al giornale Kommersant, ha presentato le sue dimissioni al partito, proprio mentre stanno iniziando i negoziati per una tregua tra Russia e Ucraina.

Non sono d’accordo con la posizione della direzione del partito. In realtà hanno sostenuto le azioni militari in Ucraina, l’uso di truppe russe sul territorio di uno stato vicino. E sono contro la guerra per principio.

Ha aggiunto che, essendo stato eletto alla Duma nella lista elettorale del CPRF, è anche disposto a rinunciare al suo mandato parlamentare. “La decisione su questo dovrebbe essere presa dalla direzione del partito. In ogni caso, la Duma in carica ha solo pochi mesi di servizio”, ha detto Kamenshchikov. Le elezioni per la Duma di Vladivostok si terranno a settembre di quest’anno.

“Se Kamenshchikov non avesse fatto domanda, lo avremmo espulso noi stessi dal partito”, ha detto Anatoly Dolgachev, primo segretario del comitato regionale del partito comunista. “Il nostro partito ha iniziato il riconoscimento delle repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Sosteniamo la lotta di liberazione del popolo ucraino contro il regime nazista di Kiev. E coloro che non sono d’accordo con questo non hanno posto nelle file del CPRF”, ha detto il signor Dolhachev. Ha aggiunto che il partito insisterà per togliere a Viktor Kamenshchikov il suo mandato di deputato perché “è una questione di principio”.

È evidente come il CPRF, dove aver promosso entusiasticamente il riconoscimento ufficiale delle due repubbliche “popolari” del Donbass, si trovi in grande difficoltà, dato che questo atto del governo e del parlamento russo ha prodotto conseguenze molto più estreme di una semplice tensione diplomatica, specie nel contesto del braccio di ferro in corso da mesi per bloccare qualsiasi ipotesi di entrata dell’Ucraina nella NATO. Buona parte dell’opinione pubblica è contraria o quanto meno spaventata dalla guerra e dalle conseguenze economiche e politiche che sta avendo non solo per la popolazione ucraina ma anche per quella russa.

Così, persino il CPRF non riesce più a sostenere in maniera del tutto coerente il ruolo di alfiere “comunista” dell’azione di governo di Putin, e parla ora dell’invasione russa come “lotta di liberazione” contro il governo “nazista” di Kiev – una variante della propaganda di governo russa, dove il CPRF tenta di salvare capra e cavoli, riconoscendo che c’è un popolo ucraino, ma indicando l’invasione russa come strumento della sua “salvezza”. Una politica, come quella dello stesso governo russo, che di fatto dà una sponda importante al rafforzamento delle correnti nazionaliste e reazionarie sia in Russia sia in Ucraina, da entrambe le parti dell’invasione – nelle regioni russofone come nel resto del paese.

Secondo una comunicazione del marxista russo Boris Kagarlitsky, sarebbero già quattro i deputati del CPRF ad aver preso esplicitamente posizione contro la guerra e contro la posizione del partito: c’è da sperare che sia solo la punta di un iceberg che porti a una polarizzazione della sinistra russa attorno a una posizione realmente per la pace, per uno spirito internazionalista e classista, e per il recupero della politica dei bolscevichi di Lenin sulla questione ucraina e sull’autodeterminazione democratica (e non a colpi di bombardamenti) dei popoli, contro ogni supporto politico aperto o malcelato sia all’azione militare della NATO, sia al governo ucraino, sia alla politica reazionaria di Putin e degli oligarchi che lo sostengono.

Il modello politico per i deputati e i militanti comunisti russi non può essere il segretario socialpatriottico del CPRF Zyuganov, ma Karl Liebknecht, il deputato tedesco che per primo si levò in parlamento contro la Prima Guerra Mondiale, contro il suo stesso governo e contro la burocrazia riformista del suo partito, la SPD, che non aveva mosso un dito contro la dichiarazione di guerra.

Giacomo Turci

Fonte: canale telegram matrioska.info

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.