Dopo l’annuncio del piano di Netanyahu per ratificare il controllo totale di Israele sulla Palestina, le immagini satellitari mostrano la costruzione di una strada fortificata a sud di Gaza City che dividerebbe l’enclave in due. Mentre lo spettro di una nuova Nakba incombe su Rafah, gli obiettivi coloniali della guerra diventano sempre più chiari.


Mentre il Primo Ministro Benjamin Netanyahu presentava le sue proposte per il futuro di Gaza venerdì 23 febbraio, le immagini satellitari pubblicate dal Wall Street Journal mostravano la costruzione di una strada lunga otto chilometri a sud di Gaza City che avrebbe diviso l’enclave in due. Lungo il percorso della strada si sta posando una base di ghiaia, mentre sono in corso operazioni di demolizione delle case vicine.

La costruzione di una nuova linea di fortificazione a sud di Gaza sembra quindi preparare la prossima fase della guerra. Mentre l’obiettivo tattico delle truppe coloniali di Tsahal [o IDF, le forze armate israeliane, ndt] dall’inizio di gennaio è stato quello di prendere il controllo di Rafah e del corridoio di Philadelphia, sotto la sovranità egiziana, la costruzione di una strada est-ovest completa il piano presentato al Gabinetto di Guerra venerdì.

 

Accelerano i preparativi per l’assedio di Rafah

Tra le altre disposizioni, il piano prevede la creazione di due zone cuscinetto. La prima zona separerebbe definitivamente l’enclave dall’Egitto: una striscia di terra a sud di Rafah passerebbe così sotto il controllo israeliano e permetterebbe a Tsahal di controllare tutti i punti di accesso all’enclave. Una seconda terra di nessuno si aggiungerebbe alle fortificazioni esistenti al confine tra Gaza e Israele. Mentre i soldati israeliani stanno distruggendo interi quartieri nel nord e nel centro per liberare il terreno necessario a creare la zona demilitarizzata, la costruzione della zona cuscinetto nel sud significa prendere il controllo di Rafah e realizzare un’invasione di terra della città dove hanno trovato rifugio quasi 1,5 milioni di esuli.

Sebbene non sia ancora chiara la linea tattica che seguiranno le operazioni genocide di Tsahal a Gaza, sembra che Israele stia preparando la prossima fase della guerra. Consapevoli che un’invasione di Rafah provocherebbe un esodo di massa dei rifugiati gazesi, le forze di Tsahal sembrano anticipare i futuri movimenti della popolazione. Come osserva L’Orient le Jour, “questa riorganizzazione territoriale potrebbe generare una forma di corridoio militarizzato con posti di blocco, contribuendo a impedire il ritorno di circa un milione di palestinesi nel nord di Gaza”. Mentre l’invasione di Rafah probabilmente esilierebbe una parte della popolazione gazana nel Sinai, è probabile che i movimenti delle truppe israeliane costringano un’altra parte a tornare a nord. In queste condizioni, la strada fortificata costruita frettolosamente a sud di Gaza City fungerebbe da baluardo. La zona centrale di Gaza rischierebbe quindi di ricevere la maggior parte degli sfollati. In un momento in cui l’Egitto sta costruendo un campo a cielo aperto nel Sinai, in grado di ospitare più di 100.000 rifugiati, il centro della Striscia di Gaza potrebbe ospitare temporaneamente alcuni dei palestinesi costretti a spostarsi verso nord.

D’altra parte, la separazione dell’enclave in due zone rafforza l’ipotesi di una colonizzazione parziale del nord di Gaza. Mentre il piano presentato al gabinetto di guerra prevede l’istituzione di un governo tecnico palestinese, responsabile esclusivamente della gestione degli affari correnti, e affida compiti esecutivi e di polizia a Tsahal, il controllo coloniale dell’enclave sarà probabilmente accompagnato da un’ulteriore riduzione del territorio di Gaza: la costruzione delle due zone cuscinetto amputerà parte dei margini del territorio, mentre la separazione di Gaza City dal resto della Striscia potrebbe far presagire una successiva ricolonizzazione del nord, ampiamente sostenuta dall’opinione pubblica israeliana.

 

L’esercito israeliano diviso su tre fronti

Tuttavia, le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza hanno subito notevoli battute d’arresto, con le forze di Tsahal disperse su tre diversi fronti. Sebbene l’esercito affermi di aver eliminato 10.000 combattenti di Hamas e di aver smantellato 18 dei 24 battaglioni dell’organizzazione, le forze operative del movimento palestinese sembrano essere ancora consistenti. Nonostante la riduzione del numero di attacchi diretti alle forze coloniali a Gaza, alcuni analisti sono sospettosi delle dichiarazioni dell’esercito israeliano: se Hamas è meno aggressivo, non è solo per le perdite strutturali inflittegli da Tsahal, ma anche per un nuovo orientamento strategico.

Come osserva il New York Times, “il comando di Hamas, secondo membri della diplomazia occidentale che chiedono di rimanere anonimi perché non sono autorizzati a parlare pubblicamente di questo argomento, ritiene che la conservazione di qualsiasi forza combattente che sopravviva alla guerra rappresenterebbe una vittoria”. Mentre la 401a Brigata ha conquistato Gaza City in una settimana a ottobre, l’esercito israeliano è ora costretto a dislocare le forze a nord dell’enclave. L’intelligence israeliana stima in 5.000 il numero di combattenti di Hamas ancora presenti nelle vicinanze di Gaza City, mentre i rapporti indicano che Hamas ha ricominciato a pagare alcuni dei suoi dipendenti pubblici e sta ricostruendo alcune amministrazioni. Le brigate israeliane sono state mobilitate intorno all’ospedale Al-Shifa, che era già stato brutalmente assediato durante la seconda fase della guerra.

A Khan Younès, le forze israeliane hanno scoperto una rete di tunnel sotterranei che coprono un’area senza precedenti. Secondo Amos Harel, analista militare di Haaretz, “l’esercito è molto aggressivo in questa zona senza incontrare molta resistenza da parte del nemico”. Le forze di Hamas sono rintanate e aspettano che l’esercito israeliano si stanchi nel tentativo di pacificare l’area. Le campagne di arresti sono continuate mentre i soldati distruggevano metodicamente gli edifici e le case dei palestinesi in esilio.

A Rafah, l’esercito israeliano si sta preparando ad affrontare, secondo le sue stesse stime, quasi 10.000 combattenti di Hamas. Qualsiasi attacco alla città, ultimo rifugio della popolazione gazana, non può che sfociare in un massacro: quasi tutta la popolazione dell’enclave è stipata all’interno, mentre le condizioni sanitarie e umanitarie sono apocalittiche. L’invasione di Rafah segnerà l’inizio di una nuova fase della guerra.

Netanyahu tenta di affrontare una crisi senza precedenti

L’annuncio improvviso del piano di Netanyahu arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di un sondaggio disastroso per il governo. Secondo l’IDI (Israel Democratic Institute), la maggioranza degli israeliani non sembra più credere nella “vittoria totale” dell’esercito su Hamas. Solo il 38,3% degli intervistati ritiene che il successo di Tsahal sia “molto” o “moderatamente” probabile.

I dubbi attanagliano anche lo stato maggiore. In una lettera inviata al Gabinetto di Guerra la scorsa settimana, l’ex Capo di Stato Maggiore di Tsahal Gadi Eisenkot ha dichiarato che “l’esercito israeliano sta incontrando crescenti difficoltà nel raggiungere i suoi obiettivi di guerra”. In particolare, ha accusato il governo di non avere una visione strategica e di navigare alla cieca di mossa in mossa: “Le principali linee strategiche della guerra sono in stallo. In tre mesi non è stata presa alcuna decisione decisiva. La guerra viene condotta sulla base di obiettivi tattici, senza che vengano prese misure significative per raggiungere gli obiettivi strategici”. L’ex generale aveva già sottolineato la cecità del governo a metà gennaio al Times of Israel: “Chiunque parli della sconfitta assoluta [di Hamas a Gaza] e del fatto che non ha più la volontà o la capacità di danneggiare Israele non sta dicendo la verità. Ecco perché non dobbiamo raccontare frottole”.

Lungi dal dimostrare un’opposizione al progetto coloniale, la perdita di fiducia dell’opinione pubblica israeliana sembra spingere Netanyahu a fare un passo indietro. L’annuncio del piano per il futuro di Gaza ne è la testimonianza: in un momento in cui il Primo Ministro, minacciato da diverse cause giudiziarie, si trova ad affrontare una sempre maggiore ostilità popolare, l’annuncio dei nuovi obiettivi ha tutte le caratteristiche di un disperato tentativo di proteggerlo da un totale disconoscimento. Netanyahu sta optando per la strategia peggiore: porre la Palestina sotto il totale controllo dello Stato israeliano e annientare la popolazione di Gaza nella speranza di soddisfare l’opinione pubblica israeliana e mantenere il potere.

 

Enzo Tresso

Traduzione da Révolution Permanente

La Voce delle Lotte ospita i contributi politici, le cronache, le corrispondenze di centinaia compagni e compagne dall'Italia e dall'estero, così come una selezione di materiali della Rete Internazionale di giornali online La Izquierda Diario, di cui facciamo parte.