De Magistris è giunto alla sua seconda legislatura a Napoli. Lo sfacelo in cui riversa sia sotto l’aspetto economico sia sotto quello amministrativo la città di Napoli è sotto gli occhi di tutti, ma nella propaganda di una parte di centri sociali e sindacati, la giunta DeMa sembrerebbe essere quella contro i poteri forti, dalle mani pulite e vicina alle istanze dei lavoratori della città.
Esiste un governo DeMa di piazza, quello delle invettive contro il PD, delle urla contro la vecchia politica e dei proclami di “zapatismo”, e poi esiste quello reale fatto di bugie ai lavoratori di Napoli Sociale, di gestioni clientelari finalizzate a privatizzare l’acqua pubblica, il TPL e così via.


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Nell’ultimo periodo il consiglio comunale, con delibera CC 46/15, ha regalato un immobile alla scuola militare Nunziatella, un’accademia d’elité, conosciuta per i suoi duri programmi d’addestramento e per la sua vita interna fascistissima. Nella stessa città dove decine di migliaia di persone aspettano da decenni un alloggio decente dove vivere, gli amministratori arancioni DeMa regalano ai programmatori di guerre interi palazzi di proprietà pubblica.
Un’operazione sembrata “incomprensibile” ad alcuni esponenti della sinistra napoletana, che ad oggi si limitano a una critica circostanziata alla giunta arancione, ma che ha, invece, dei contorni ben precisi e chiari. È un tentativo di accreditarsi come possibile sponda politica negli ambienti delle forze armate.
Sul palazzo del comune di Napoli c’è uno striscione con la scritta “Pace”. La vecchia storiella pacifista del disarmo unilaterale degli oppressi a cui, a quanto pare, non credono neanche più loro stessi.

L’ASPIRAZIONE DI DE MAGISTRIS DI GOVERNARE IL PAESE

De Magistris ha un progetto ambizioso. Vuole diventare Premier. Sta cercando di farlo da anni coniugando una politica di gestione degli interessi padronali, apparenti mani pulite nella gestione della cosa pubblica e dichiarazioni populiste di sinistra. Il suo progetto di costruzione di un partito nazionale che possa occupare uno spazio lasciato dal vuoto pneumatico delle vecchie dirigenze del centro sinistra, ha fino ad oggi vissuto diverse battute d’arresto, perchè anch’esso inserito in un quadro di generale scomposizione della sinistra storica.
Ma niente è statico e questo obiettivo potrebbe presto vedere una sua realizzazione. D’altronde il Movimento 5 Stelle sta già mostrando – in maniera non ancora inequivocabile agli occhi delle masse – che sarà l’ennesimo partito disposto a governare le politiche di austerità. De Magistris sa bene che in un eventuale fallimento del partito di Grillo lui potrebbe rappresentare a sinistra una potenziale alternativa. Almeno nella percezione dell’elettorato. Per questo gioca d’anticipo. È d’altronde un politico di esperienza (molti credono sia stato “solo” un magistrato, è in realtà stato un politico berlingueriano dell’ultimo periodo del PCI in Campania prima dello scioglimento).
Lo sta già facendo costruendo liste DeMa nei comuni limitrofi alla città di Napoli, in particolar modo a Torre Annunziata e Portici, dove ha riciclato i vecchi apparati dei partiti che hanno tradito per decenni i lavoratori.

Non è, però, l’unico perno su cui De Magistris sta costruendo la sua candidatura e il suo partito.
Uno degli elementi principali è la sua stessa figura, costruita con un fare bonapartista abbastanza esplicito, soprattutto nella gestione delle vertenze nella città di Napoli, dove il Sindaco spesso presenta la sua figura come garanzia di risoluzione dei problemi (questo fattore determina una forte fascinazione a sinistra nei suoi confronti, soprattutto negli ambienti della militanza di lotta, tant’è che spesso questi stessi settori criticano la giunta, ma giustificano il sindaco, considerato “più a sinistra del PRC”).
Gode, inoltre, dell’appoggio delle aree dei centri sociali, delle associazioni e delle burocrazie sindacali, elementi essenziali per il suo rilancio in settori relativi del ceto medio, della piccola borghesia e nei territori popolari.

Le associazioni sono da sempre strumenti dei vecchi apparati politici, forme usate per raccattare voti – costruendo politiche clientelari – celate da attività sociali, aggregative e ricreative. Non sorprende, dunque, che innumerevoli associazioni si siano imbarcate sulla carovana del sindaco zapatista. Il loro ruolo in questo percorso è importante, ma relativo, perchè non rappresentano un segmento di classe rilevante.

De Magistris si è conquistato una piccola ma consistente base tra le burocrazie sindacali della CGIL e della USB (almeno a Napoli). Alle ultime elezioni questi due sindacati hanno fortemente sostenuto il Sindaco, in special modo la USB, che ha candidato i propri maggiori esponenti nelle liste DeMa. La CGIL – investita di riflesso dalla battaglia interna al PD  e commissariata a Napoli – si è internamente spaccata e una parte molto consistente – con alla testa le burocrazie sindacali regionali della FIOM – ha sostenuto l’ex magistrato.
Alcuni ex sindacalisti nazionali della CGIL ricoprono ruoli di Assessori, come Enrico Panini. Politico emiliano con un passato nel Partito Democratico e nel direttivo nazionale della CGIL Scuola. De Magistris gli ha dato ben 15 deleghe.

Infine, lo sostengono due importanti centri sociali napoletani: il Laboratorio Occupato Insurgencia e Je so pazzo. Centri sociali che provengono da percorsi diversi del movimentismo, entrambi giunti alla stessa conclusione politica, sintetizzabile pressappoco così: la rivoluzione ora non si può fare, bisogna spostare a sinistra il quadro politico appoggiando la borghesia progressista.
Ragionamento politico sostenuto da una tesi in voga negli ambienti napoletani, secondo cui l’attuale amministrazione rappresenterebbe un laboratorio e una “anomalia” nel quadro politico. Per sostenere questa posizione organizzano alcuni appuntamenti anche in altre città italiane, presentando l’esperienza della giunta arancione.

Nel campo della sinistra di lotta e anticapitalista non sono nuovi gli appoggi a formazioni politiche della sinistra riformista. La storia del ‘900 è piena di questi esempi, ma pure quella degli ultimi 20 anni. Una tappa il cui inizio possiamo identificarlo con lo scoppio del Movimento dei No Global, dove i disobbedienti (area a cui appartiene il centro sociale Insurgencia) riuscirono a dirigere diverse mobilitazioni. Periodo culminato e spento da un lato con l’istituzionalizzazione di questo pezzo di movimento e dall’altro con la repressione al G8 di Genova, in cui perse la vita il compagno Carlo Giuliani. Periodo che animò il dibattito anche nel PRC di Bertinotti sul tipo di partito da costruire (“il partito deve farsi contaminare dai movimenti”, affermava l’ex segretario di Rifondazione). Una tesi che fu effettivamente portata avanti e che portò all’appoggio del PRC al governo Prodi, alla disarticolazione di quel partito – già di per sè un partito socialdemocratico non rivoluzionario – e alla liquidazione di quel che restava del programma classista (non rivoluzionario, ma in parte espressione di istanze di lavoratori) con la lista Arcobaleno. Esperienze fallimentari che hanno portato uno scollamento senza precedenti tra la sinistra e il movimento operaio in Italia.

L’appoggio che riceve De Magistris da centri sociali di aree anche diverse, come Insurgencia e Je so pazzo, è un pericoloso segnale, che potrebbe portare su scala nazionale a scenari di completo inglobamento della sinistra di lotta nel ventre di un nuovo centro sinistra senza PD. Scenari la cui sintomatologia politica si è già resa manifesta in tutti i suoi nefasti effetti.

Tutte queste componenti rappresentano la base con cui De Magistris proverà a presentarsi alle classi capitalistiche italiane come una possibile opzione di gestione delle politiche antioperaie. D’altronde è proprio coi governi di sinistra che i padroni sono riusciti sempre a far passare le peggiori manovre contro i lavoratori.

PERCHÈ CRITICARE CHI APPOGGIA DEMA

L’autonomia delle organizzazioni del movimento operaio, del loro asse programmatico, è garanzia – anche e soprattutto in fasi di riflusso delle lotte e di scarsa coscienza di classe – di un mantenimento di posizioni, che rappresenta dei capisaldi di resistenza di classe dai quali poi ripartire.
Queste aree della sinistra movimentista hanno anche una discreta presa sui giovani. Al netto del fatto che mettano in piedi anche delle iniziative di lotta interessanti e sostenibili; che i centri sociali siano degli spazi di aggregazione da favorire; piuttosto che rappresentare la tanto decantata “anomalia napoletana”, rischiano di rappresentare una “pericolosa anomalia” in Italia.
Il rischio reale è che, in fasi così tanto difficili per il movimento operaio, siano in tanti a seguire vie riformiste, perchè apparentemente più semplici. Queste strutture militanti stanno dicendo a giovani e ai lavoratori con cui s’interfacciano che l’alternativa è il riformismo.

Un errore gravissimo sarebbe da parte dei militanti rivoluzionari evitare di criticarli, magari per non urtare la sensibilità dei compagni che militano in queste strutture e organizzazioni.
È proprio perchè gli operai, i lavoratori, gli immigrati, le donne, i disoccupati e i giovani hanno bisogno di un proprio progetto politico, che questa critica va fatta.
La necessità di polarizzare a sinistra non passa per lo scioglimento del programma della rivoluzione nei carrozzoni neoriformisti e o populisti di sinistra, a maggior ragione dopo l’empirica dimostrazione dei fallimenti dei partiti come Syriza e Podemos, che hanno seminato soltanto illusioni.

Iglesias, leader di Podemos, nella sua biografia racconta della sua militanza giovanile in Italia e spiega che alcune delle posizioni del suo partito in Spagna le abbia elaborate nel nostro paese durante il suo periodo universitario nel post modernismo, quell’area politica che ideologicamente fa riferimento a Toni Negri e alla sua cerchia di ricercatori universitari.

Stesso discorso vale per Tsipras, leader di Syriza, un partito che da quando è al potere non ha fatto altro che continuare le politiche di austerità promosse dall’Unione Europea, impoverendo ulteriormente le masse elleniche. Anch’egli ha militato in questa area da giovane, sostenendo formulazioni che teorizzavano la democrazia partecipata, con riferimenti al bilancio di Porto Alegre, ovvero l’illusione di un controllo popolare sulla vita amministrativa dello Stato borghese in cambio di una compatibilità sociale coi padroni.

In qualche modo è un modello riproposto anche da De Magistris e dai consiglieri comunali dei centri sociali che lo sostengono. Il progetto di De Magistris di riproporlo su scala nazionale è dannoso per la classe operaia e per i militanti rivoluzionari.
Un modello da sconfiggere, non solo perchè già espressione di bugie, tradimenti e illusioni, ma perchè ritarda un percorso per la costruzione di una prospettiva anticapitalista rivoluzionaria. Un progetto di società di cui abbiamo bisogno non per risultare “più a sinistra di …”, ma perchè l’umanità sta sprofondando in una barbarie le cui conseguenze sono drammatiche e non possiamo più permetterci di ritardare ulteriormente i passaggi per arrivare all’abbattimento dello Stato borghese.

Douglas Mortimer

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.