Il contesto storico

Il termine Cinema Novo fa riferimento ad uno specifico movimento cinematografico nato in Brasile all’alba degli anni ’60 del Novecento, in particolare durante il periodo storico che vede Joao Goulart presidente del paese. L’intero mondo era vittima delle politiche dettate dai movimenti della Guerra fredda tra le due super potenze (USA e URSS), tuttavia il continente che subì una maggiore pressione politica fu proprio il Sud America. Il Brasile non fu da meno e lo stesso governo di Goulart attraversò diverse fasi che comprendono i vari metodi per eludere il veto e far insediare Goulart stesso ed una vera e propria modifica costituzionale, la cui conseguenza fu quella di consegnare il potere esecutivo ad un Consiglio di ministri di nomina presidenziale. Questo non bastò per scongiurare l’imminente crisi politica (per quanto concerne politica interna ed estera) rendendo le regioni del nord ancora più povere. Nel 1963 Goulart è costretto a ripristinare il presidenzialismo. Il 1964 fu l’anno che sancì la caduta di Goulart: dopo il fallimento della riforma agraria e di investimento nelle compagnie petrolifere nazionali, un golpe militare (appoggiato dagli USA) assunse il potere e cacciò Joao Goulart in quanto “uomo al servizio del comunismo”.
Oltre alla tumultuosa atmosfera brasiliana, gli aspiranti registi del
Cinema Novo, subiscono il fascino delle nuove correnti cinematografie europee, in particolare il Neorealismo italiano e la Nouvelle Vague francese. Il Neorealismo come cinematografia di denuncia, spogliata di qualsiasi artificio o filosofia; la Nouvelle Vague come faro portatore delle nuove pulsioni esistenzialiste capitanate da Jean-Paul Sartre e Simone De Beauvoir. L’approdo in territorio messicano di Luis Buñuel contribuirà ulteriormente alla mescolanza tra cinema europeo e cinema Sud americano. L’elemento finale per la nascita del Cinema Novo è l’influenza della cultura popolare brasiliana, in particolare la produzione letteraria di Sergio G. Ramos e Joao Guimaraes Rosa.

 

Il movimento del Cinema Novo

Il primo obiettivo del Cinema Novo fu quello di estirpare la radice stessa di un tipo di cinema brasiliano, ormai padrone dell’intera produzione filmica, in particolare parliamo di due movimenti: la chanchada (ovvero la commedia brillante/musicale) e la produzione dello “studios” di Vera Cruz, il cui intento era quello di rendere il cinema brasiliano una copia di quello hollywoodiano. Il nascente movimento si impossessa della macchina da presa, esiliandola dalle grandi città ed insediandola nelle regioni del Nord, in cui regnava la povertà. I cineasti impongono da subito al Cinema Novo un’impronta politica, acquisendo immediatamente un carattere militante, tanto da permettere alle riprese di assumere forme anche documentaristiche. Tuttavia non basta solo la ripresa del vero: oltre alla reale condizione di povertà di contadini e allevatori, bisognava aggiungere un nuovo tassello investendo energie nella ricerca di nuove forme estetiche da unire alle convinzioni etiche (la povertà rurale e le tradizioni locali). Bisognava dare importanza anche all’uomo-contadino, in quanto essere umano in senso esistenzialistico. Uno dei maestri di riferimento per i giovani registi, fu Humberto Mauro che nel 1933 diresse il film Ganga bruta, un film archetipo, che unì espressionismo tedesco ed il montaggio delle attrazioni. Nel 1963, trent’anni dopo Ganga bruta, Glauber Rocha presenta Il Dio nero e il Diavolo biondo, film manifesto del Cinema Novo, poiché ne racchiude tutti gli elementi. Rocha fu il primo a dare una definizione di questa estenuante ricerca etico-estetica, definendo il Cinema Novo come movimento basato sull’Estetica della fame, capace di mescolare la bellezza della cinematografia alla bruttezza dello sfruttamento dei lavoratori e dell’estrema siccità delle regioni del Nord del Brasile (in particolare la regione del Sertao). La bellezza estetica trova la sua forza nell’uso dell’allegoria e del liricismo, assumendo tratti quasi barocchi e surrealistici. Più volte lo spettatore si trova davanti ad una sospensione delle realtà diegetica per ritrovarsi catapultato nella mente del protagonista, che comprende anche sogni ed illusioni.
Nel 1964, dopo il golpe militare, il
Cinema Novo è costretto ad abbandonare il Sertao e tenta di riproporre l’estetica della fame anche nei successivi lavori della “fase urbana” di questo movimento, rivolgendo la macchina da presa verso la rivolta delle classi medie e degli operai. Film manifesto di questo secondo periodo, è la pellicola A grande cidade (1966) di Diegues, che affronta i temi della criminalità urbana e della mafia.
Dopo questa fase di assestamento, il
Cinema Novo declina definitivamente negli anni ’70, concludendo questo decennio con una serie di film incentrati sulle origini delle popolazioni indigene e guardando con nostalgia anche al proprio passato cinematografico.

La corrente cinematografica del Cinema Novo, sfortunatamente, è poco conosciuta qui in Europa anche a causa della bassa diffusione delle pellicole del movimento. Dopo questo breve saggio su nascita e declino del movimento, l’esplorazione del cinema brasiliano ci permetterà di parlare di colui che per primo unì il fattore europeo a quello sud americano: Luis Buñuel (di cui tratterò nel prossimo articolo).

 

Sabrina Monno

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.