Nelle giornate del 19 e 20 ottobre la città di Napoli ha ospitato l’assemblea nazionale di Non Una di Meno: due giorni di assemblee e dibattiti sui temi caldi di questo autunno di lotta.

Da tutta Italia e non solo centinaia di donne si sono riunite per discutere di ecotransfemminismo, autodifesa e autonomia del movimento femminista e migrazioni, calendarizzando il prossimo anno politico che vedrà il suo culmine nel corteo del 23 novembre e nello sciopero globale del 8 marzo.

A due mesi di distanza dalla caduta del governo Lega-5 stelle, il movimento femminista si prepara a radicalizzare la lotta; le compagne dell’assemblea nazionale hanno dichiarato:

Non vogliamo più solo difenderci, dopo tre anni siamo pronte ad attaccare e ad alzare il livello di rivendicazione e di conflitto. Un anno fa abbiamo dichiarato lo stato di agitazione permanente, poi siamo diventate marea. Oggi è il momento che quella marea trasbordi e rompa e distrugga gli argini del patriarcato. Se siamo la marea che non si può fermare ora è tempo di essere rivolta.

Tra le proposte approvate si è sottolineata tanto l’urgenza di lottare per l’abolizione dei due decreti Sicurezza promossi da Salvini, ad oggi ancora in vigore, quanto la necessità di porre l’attenzione su come è utilizzata la PAS, sindrome da alienazione parentale, e sul «codice rosso» recentemente entrato in vigore.

Il filo rosso che ha collegato i diversi momenti di discussione resta l’autonomia del movimento in un momento storico-politico in cui sempre più spesso si strumentalizzano le necessità delle donne e la violenza quotidiana che queste subiscono, a vantaggio del consenso elettorale e della propaganda di partito.

Ciò che ci si ritrova ad affrontare, infatti, è il continuo tentativo di strumentalizzare le tematiche femministe e di genere per tingere di rosa politiche patriarcali, razziste e neoliberiste che le donne oggi non possono assolutamente assecondare:

La precarietà resta all’ordine del giorno, sostenuta dai continui proclami sui tagli ai costi del lavoro, mentre il reddito di cittadinanza non ha fatto che aggravare l’obbligo di accettare qualsiasi “condizione di sfruttamento. A questa discontinuità non crediamo e non abbiamo alcuna intenzione di legittimare un uso strumentale delle nostre rivendicazioni.

Ma quali sono oggi i compiti del movimento femminista?

In uno scenario globale di incremento della lotta di classe, dal Cile alla Catalogna passando per l’Argentina e la sua marea verde per il diritto all’aborto legale sicuro e gratuito (a cui l’assemblea ha dedicato un momento di solidarietà internazionale con un pañuelazo simbolico), fino ad arrivare in Kurdistan dove le milizie della YPJ sono in prima linea contro l’invasione turca, le donne in lotta si battono senza paura nelle piazze e nelle strade.

Sottoposte alla doppia oppressione del capitale e del patriarcato, sottopagate a parità di mansioni e di lavoro e vessate da ogni genere di ricatto, alle donne è storicamente riconosciuta la capacità di innescare la scintilla della lotta di classe portando avanti rivendicazioni che servono non solo a superare le disparità di genere quanto più generalmente ad emancipare il proletariato dalle catene dell’oppressione.
Va però tenuto presente che pur riuscendo a strappare importanti conquiste nel campo dei diritti civili, la risoluzione dell’oppressione di genere e delle soggettività LGBTQI+ è impossibile nel capitalismo, che si nutre e ricava profitto dal mantenimento delle violenze e del ruolo sociale che viene loro imposto.
È necessario dunque che il movimento femminista, anche in Italia, inizi ad interrogarsi sulla necessità di darsi un’impostazione chiaramente anticapitalista, per diventare realmente strumento per il superamento della società patriarcale.

Come corrente femminista “Il pane e le rose – Pan y Rosas Italia”, invitiamo tutt* a partecipare alla grande manifestazione del 23 novembre che negli ultimi anni ha visto la partecipazione di migliaia di persone in piazza contro la violenza patriarcale. Costruiamo, per la giornata dell’8 marzo, un grande sciopero generale che sfidi tutti i sindacati sul terreno della lotta per mostrare a tutti che, se le donne decidono di fermarsi dal lavoro produttivo e riproduttivo, si ferma il mondo.

La lotta delle donne è la lotta di tutti!

Per il nostro diritto al pane e alle rose!

Ilaria Canale

Nata a Napoli nel 1993. Laureata in infermieristica all'Università "La Sapienza" di Roma, lavora nella sanità nella capitale.. È tra le fondatrici della corrente femminista rivoluzionaria "Il pane e le rose".