Pubblichiamo la seconda di tre parti di un articolo di Trotsky, ritrovato ancora in forma di bozza sulla sua scrivania a causa dell’assassinio del rivoluzionario russo per mano del sicario stalinista Ramon Mercader, il 20 agosto 1940.

Uno scritto riguardante l’evoluzione dei sindacati nel 1940 che ci dà svariati spunti per pensare l’azione dei rivoluzionari negli organismi di massa della classe operaia.

Qui la prima parte e la seconda parte.

 


 

Introduzione a cura della redazione

In quest’ultima parte Trotsky, oltre a discutere e approfondire l’avvitamento reazionario che riguarda tutto il pianeta (ricordiamo che l’autore scrive nel 1940, dopo le purghe staliniane e con la burocratizzazione dell’URSS ormai vittoriosa e in pieno periodo nazifascista in Europa), discute della trasformazione dei sindacati in organi burocratizzati che la borghesia intende utilizzare per difendere gli interessi del grande capitale. Questo controllo, scrive Trotsky, sarebbe esercitato appunto dalla burocrazia sindacale, sorretta da un ristretto nucleo di aristocrazia operaia contro tutto il resto dei lavoratori. La stessa burocrazia va comunque incontro all’erosione del proprio potere a suon di disfatte nella lotta economica; la democrazia interna (anche a livello di scontro tra settori della direzione burocratico-riformista) viene sempre più soppressa per evitare a qualsiasi costo, in periodi di crisi, grandi convulsioni della classe operaia che sarebbero controproducenti per la burocrazia stessa. Con la soppressione della combattività degli operai si elimina anche l’unico argine di difesa delle dirigenze corrotte, che sono così destinate comunque alla rotta generale prima o poi per mano degli stessi capitalisti che delegano loro per un periodo un certo potere sociale.

Considerazioni che in molti punti sono applicabili puntualmente alla situazione odierna dei grandi sindacati confederali italiani: una burocrazia totalmente impotente da anni, che non riesce a frenare la sua stessa liquidazione, dopo decenni di soppressione della combattività della sua stessa base sociale oltre che alla soppressione di ogni tipo di democrazia interna.

Sul finale, il rivoluzionario afferma nettamente quello che sembra intendere in tutto l’articolo: i sindacati per come li conosciamo sono cambiati; in determinate condizioni storiche e per un determinato sviluppo della situazione oggettiva (ovvero lo sviluppo del capitalismo monopolistico) risulta impossibile ricreare la situazione in cui grandi sindacati di massa vedevano al proprio interno la lotta per l’egemonia di diverse correnti. Egli lega questa “degenerazione” alla degenerazione della democrazia negli Stati borghesi e conclude che solo i sindacati con una direzione rivoluzionaria potranno costruire un sindacato internamente democratico e combattivo, in sostanza un sindacato utile alla lotta per l’emancipazione della classe operaia.

Insomma, per Trotsky gli unici sindacati che possano realmente difendere i diritti dei lavoratori e conquistarne di nuovi sono quelli guidati da rivoluzionari, fermo restando che in ogni sindacato questi debbano conquistare spazio e riconoscibilità per la causa della rivoluzione sociale, e non come meri gestori della struttura sindacale. Si tratta fondamentalmente di difendere o conquistare l’indipendenza di tali organizzazioni operaie dalla classe borghese, e far sì che agiscano su un piano di rivendicazioni transitorie che non siano “solo il programma per l’azione dei partito, ma anche, nelle sue linee principali, anche il programma per l’attività dei sindacati”.

I sindacati nell’epoca di declino dell’imperialismo fu scritto in un contesto storico caratterizzato da regimi totalitari e da una guerra mondiale, ovvero un periodo (almeno apparentemente) differente da quello che affrontiamo oggi, ma pone nodi politici e spunti di ragionamento fondamentali non solo per pensare il sindacato come organizzazione della classe lavoratrice, ma per riflettere sul più generale processo di auto-organizzazione di massa e presa di coscienza di cui lavoratori e lavoratrici dovranno farsi protagonisti per rendere ancora attuale, possibile la rivoluzione socialista nel XXI secolo.


 

Il capitalismo monopolista e i sindacati

Il capitalismo monopolista è sempre meno incline ad accettare l’indipendenza dei sindacati. Pretende che la burocrazia riformista e l’aristocrazia operaia, che raccolgono le briciole dalla sua mensa bandita, si trasformino nella sua polizia politica sotto gli occhi del proletariato. Se questo non viene raggiunto la burocrazia operaia viene rimossa e rimpiazzata dai fascisti. Tra parentesi tutti gli sforzi della burocrazia operaia al servizio dell’imperialismo non possono, nel lungo periodo, salvarla dalla distruzione.

L’acutizzarsi dei conflitti tra le classi all’interno di ciascun paese, l’inasprirsi dell’antagonismo tra le nazioni producono una situazione in cui il capitalismo imperialista possa tollerare (questo fino ad un certo punto) l’esistenza di una burocrazia riformista solo se quest’ultima sia in maniera diretta un attivo, seppur piccolo custode delle sue aziende imperialiste, dei suoi piani e dei suoi progetti nel paese e a livello mondiale. Il socialriformismo si trasforma necessariamente in socialimperialismo per poter prolungare la propria esistenza, ma solo prolungare, niente di più poiché questa strada è in generale un vicolo cieco.

Si deve concludere forse che nell’epoca dell’imperialismo sia generalmente impossibile avere sindacati indipendenti? Sarebbe profondamente scorretto porre la questione in questi termini. Ciò che sì è impossibile è che esistano sindacati indipendenti a carattere riformista. Interamente possibili sono invece i sindacati rivoluzionari che non si comportino da stampelle della politica imperialista, ma che pongano come proprio obiettivo il compito di rovesciare il dominio capitalista. NelI’epoca del declino imperialista i sindacati potranno essere realmente indipendenti solo nella misura in cui siano coscienti di essere, nell’azione, gli organi della rivoluzione proletaria. In questo senso il programma di rivendicazioni transitorie (Programma di transizione, Ndt) adottato dall’ultimo congresso della Quarta internazionale non è solo il programma per l’azione dei partito, ma anche, nelle sue linee principali, anche il programma per l’attività dei sindacati.

Lo sviluppo del capitalismo nei paesi arretrati è contraddistinto dal suo carattere combinato, in altre parole l’ultima novità della tecnologia, dell’economia e del pensiero politico sono combinati in tali paesi con la tradizionale arretratezza e primitività. Tale legge può essere osservata nei più svariati aspetti dello sviluppo dei paesi coloniali e semicoloniali, incluso lo sviluppo del movimento sindacale. Il capitalismo imperialista agisce qui nella sua forma più cinica e nuda. Trapianta in terreno vergine i metodi più perfezionati del suo dominio tirannico.

Nel movimento sindacale a livello mondiale si deve osservare nell’ultimo periodo una svolta verso destra e verso la soppressione della democrazia interna. In Inghilterra il “Minority Movement” dentro i sindacati è stato schiacciato (non senza la complicità di Mosca); i dirigenti del movimento sindacale, specialmente riguardo la politica estera, sono diventati fedeli agenti dei partito Conservatore. In Francia non c’era spazio per l’esistenza indipendente di sindacati stalinisti, questi si sono uniti infatti ai sindacati cosiddetti anarco-sindacalisti, sotto la direzione di Jouhaux e, come risultante di questa fusione si è avuto un generale spostamento di tutto il movimento sindacale, ma non a sinistra, piuttosto verso destra. La direzione della Cgt è diventata in modo aperto un’agenzia alle dirette dipendenze dei capitalismo imperialista francese.

Negli Stati Uniti il movimento sindacale ha attraversato il periodo più tempestoso della sua storia. L’ascesa del Cio è una prova inconfutabile delle tendenze rivoluzionarie presenti nelle masse operaie. Ad ogni modo è indicativo e degno di nota nel modo più assoluto il fatto che la nuova organizzazione, non ancora formata completamente, è caduta nell’abbraccio mortale dello stato imperialista. La lotta tra i vertici della nuova organizzazione con quelli della vecchia è riconducibile in larga misura alla lotta per conquistare il favore e l’appoggio di Roosevelt e del suo governo.

Non meno sintomatico, anche se in senso differente, è il quadro dello sviluppo e della degenerazione del movimento sindacale in Spagna. Nel sindacato socialista tutti quei dirigenti che in qualche misura rappresentavano l’indipendenza del movimento sono stati cacciati fuori. Per quello che riguarda i sindacati anarco-sindacalisti, questi sono stati trasformati nello strumento dei borghesi repubblicani; i dirigenti anarco-sindacalisti dei sindacati sono diventati ministri borghesi. Il fatto che questa metamorfosi sia avvenuta in condizioni di guerra civile non indebolisce il significato di questo avvenimento. La guerra è la continuazione delle stesse identiche politiche: accelera i processi, evidenzia i loro elementi fondamentali, annienta tutto ciò che è marcio, falso, equivoco e lascia scoperto ciò che è essenziale. Lo spostamento dei sindacati a destra è stato causato dall’acutizzarsi delle contraddizioni tra le classi e tra gli stati. I dirigenti sindacali hanno fiutato o capito, oppure gli è stato fatto capire, che questo non era il momento di mettersi a giocare agli oppositori.

Qualsiasi movimento verso l’opposizione all’interno del movimento sindacale, specialmente se avviene tra i dirigenti, minaccerebbe di provocare enormi convulsioni tra le masse lavoratrici, e ciò metterebbe in difficoltà l’imperialismo. Questa è la ragione dello spostamento a destra della direzione del sindacato e della soppressione della democrazia interna. La caratteristica fondamentale del periodo, la svolta verso regimi totalitari, trafigge il movimento operaio in tutto il mondo.

Dovremmo citare come esempio anche l’Olanda, dove i riformisti e il movimento sindacale non erano semplicemente un pilastro affidabile del capitalismo imperialista, ma dove anche le organizzazioni cosiddette anarco-sindacaliste erano sotto il controllo del governo imperialista. Il segretario di questa organizzazione, Sneevliet, in barba alle sue platoniche simpatie per la Quarta internazionale, era – in qualità di deputato del parlamento olandese – molto preoccupato che la rabbia del governo si abbattesse sulla sua organizzazione sindacale.

Negli Stati Uniti il “Department of Labor”, con la sua burocrazia sinistrorsa, ha come proprio compito la subordinazione dei movimento sindacale allo stato democratico e – dobbiamo ammettere – ha assolto questo compito con un certo successo.

La nazionalizzazione delle ferrovie e dei pozzi petroliferi in Messico, naturalmente, non ha nulla a che vedere col socialismo. Si tratta di una misura di capitalismo di stato in un paese arretrato che in questo modo tenta di difendersi da un lato dal capitalismo straniero, dall’altro dal suo proletariato. L’amministrazione delle ferrovie, dell’industria petrolifera, ecc., attraverso le organizzazioni dei lavoratori non ha nulla in comune con il controllo operaio sull’industria, dato che tale amministrazione viene effettuata alla fine dei conti dalla burocrazia operaia, che è indipendente dai lavoratori mentre è al contrario assolutamente dipendente dallo stato borghese. Tale misura da parte della classe dominante persegue l’obiettivo di disciplinare la classe operaia, spingendola ad una maggiore industriosità al servizio dei comuni interessi dello stato, che in superficie sembrano fondersi con gli stessi interessi della classe operaia. Alla fine dei conti il vero obiettivo della borghesia consiste nel liquidare i sindacati in quanto organi della lotta di classe e sostituirli con la burocrazia sindacale in quanto strumento di direzione da parte dello stato borghese sulle masse operaie. In tali condizioni il compito fondamentale dell’avanguardia rivoluzionaria è quello di lottare per la completa indipendenza delle organizzazioni sindacali e per l’introduzione di un vero controllo operaio sull’attuale burocrazia sindacale, che è stata trasformata in organo amministrativo delle ferrovie, dell’industria petrolifera, e così via.

Gli avvenimenti dell’ultimo periodo (prima della guerra) hanno rivelato con particolare chiarezza che l’anarchismo, che da un punto di vista teorico è sempre stato liberalismo portato alle sue estreme conseguenze, era in realtà nulla più di propaganda pacifica all’interno della repubblica democratica, della cui protezione aveva bisogno. Se tralasciamo gli atti di terrorismo individuale l’anarchismo, come sistema di movimenti e politiche di massa, consisteva solo di materiale di propaganda sotto la protezione pacifica delle leggi. In condizioni di crisi gli anarchici hanno sempre fatto il contrario di quello che insegnavano in tempi di pace. Questo è stato rilevato da Marx stesso in relazione alla Comune di Parigi, lo stesso si è ripetuto su scala incommensurabilmente più vasta nell’esperienza della Rivoluzione spagnola.

I sindacati democratici nel vecchio senso del termine, cioè organismi dove all’interno della struttura di una e unica organizzazione di massa le diverse tendenze lottavano in modo più o meno libero per l’egemonia, non possono più esistere. Allo stesso modo in cui è impossibile resuscitare lo stato borghese democratico, è impossibile anche riportare la vecchia democrazia operaia.

Il destino dell’una riflette quello dell’altro. Necessariamente l’indipendenza dei sindacati, nel senso di classe del termine, in relazione allo stato borghese può, nelle attuali condizioni, essere assicurata soltanto da una direzione assolutamente rivoluzionaria, cioè la direzione della Quarta internazionale. Tale direzione, naturalmente, deve e può essere razionale ed assicurare ai sindacati il massimo di democrazia concepibile nel quadro delle attuali condizioni, ma al di fuori della direzione politica della Quarta internazionale l’indipendenza di classe dei sindacati è impossibile.

Lev Trotsky [1940]

 

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