Il problema delle colpe sta venendo fuori come un fiume in piena: come abbiamo visto nel caso delle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità appositamente falsate sulle raccomandazioni per gli “adeguati” DPI, lo Stato Italiano sta continuando a celare le sue colpe a suon di proclami e testi che provano a svincolare le responsabilità di questa inefficace gestione della pandemia COVID19.

Fino ad ora, infatti, fatta eccezione di quelle poche aziende ospedaliere che si sono dotate di protocolli aziendali differenti e concordati con le unità operative “in prima linea”, le raccomandazioni dell’ISS sono state usate in maniera generalizzata contro i lavoratori della sanità che chiedevano le mascherine appropriate al fine di non contagiarsi: dalle Terapie Intensive fino all’Assistenza Domiciliare Integrata ed Ospedalizzata, gli operatori sanitari di tutti i settori sono stati costretti a lavorare con delle inutili mascherine chirurgiche, esposti e spesso contagiati!

Eppure la pandemia avanza e con essa anche le azioni criminali dello Stato Italiano.

Dalle censure poste a svariati siti web che contenevano le indicazioni standardizzate sulle cosiddette “mascherine chirurgiche” fino al non riportare volontariamente la normativa europea sui DPI, le azioni che l’Italia sta mettendo in campo sono sempre più volte a coprire le responsabilità di questo sistema sociale ed economico di fronte all’avanzata del virus SARS-CoV-2.

Tant’è che, recentemente, è apparso sul sito del Senato della Repubblica un disegno di legge in emendamento al decreto Conte del 17 marzo –quello sull’emergenza COVID19. Fin qui, per chi non ha letto il testo sembrerebbe “ordinaria legislazione”, ma le cose sono decisamente diverse.

Nel testo, già al primo articolo (per chi ha voglia può leggere l’intero corpus qui, ma non sarà facile reggere la rabbia che suscita) si capisce verso quale fine si sta andando a parare: impunità per tutti i criminali colpevoli di questa epidemia.

Criminali, sì. Perché solo in questo modo si può definire chi obbliga medici ed infermieri a stare in contatto con pazienti contagiati con una semplice mascherina di tessuto o stoffa di cotone.
Ricordate le famose mascherine del Veneto? Quelle con sopra riportato il leone di San Marco e con la dicitura in piccolo “Non è un dispositivo di protezione individuale”. Ebbene, già da qui si capisce tutto:
Un Virus, non testato sulle mascherine chirurgiche, con una diffusione pandemica globale, può mai essere tenuto a bada con semplici stoffe? Evidentemente, no.

Per la sanità già al tracollo, non c’è interpretazione che regga: dai ritardi nel dichiarare l’emergenza con le mezze misure sulla farsa della quarantena (l’obbligo di lavorare per settori non essenziali al benessere collettivo ed il rischio di contagio che si palesa si avvera per centinaia di lavoratori non adeguatamente protetti), le migliaia di morti, il personale sanitario contagiato etc… nulla di tutto ciò potrà essere, secondo il DDL, aizzato contro i carnefici di questa crisi.

I padroni che obbligano al lavoro senza i DPI adeguati possono dormire sogni sereni, persino nel caso in cui dovessero scoppiare focolai nelle fabbriche o nei magazzini.
I dirigenti sceriffo delle ASL non potranno subire ritorsioni penali né civili dagli infermieri e dai medici contagiati, né dalle famiglie dei morti: per lo Stato, sono tutti rischi che si possono correre in emergenza e contro di questi non si potrà fare ricorso.
Questa immunità sarà forse approvata in parlamento e tra i firmatari, il nome che non sorprende: Matteo Salvini.

Quelli che prima della crisi sanitaria chiedeva di tenere tutto aperto, quello che poi ha deciso di cambiare idea e chiedere il lockdown per poi chiedere, in questi giorni, la riapertura delle chiese.
Ormai è inutile scrivere su di lui, già troppo sgamato nel teatrino della politica borghese tra le false opposizioni e la guerra dichiarata alla povera gente.

Eppure tutto ciò non ci sorprende. In un paese che si prodiga a garanzia dei profitti degli industriali ed a scapito della Salute collettiva, che la giustizia sia interpretata a proprio piacimento è ormai all’ordine del giorno, figuriamoci ora che tutti i dirigenti aziendali, i padroni ed i ministri potrebbero essere accusati!

Questa giustizia, però, non ci appartiene, così come non ci appartengono le leggi che fin ora sono state emesse e che obbligano agli stenti ed alla fame milioni di lavoratori in tutto il paese.

Così come è riportato nel testo dell’articolo 1 Bis, “le condotte dei soggetti preposti […] non determinano [..]responsabilità personali”. E su questo potremmo, forse, persino concordare: le responsabilità di questa gestione criminale dell’epidemia sono da imputare non ai singoli ma a tutto il sistema, a partire dallo Stato, in quanto garante dei profitti di pochi a scapito della salute di milioni di individui, per terminare con i padroni delle grandi e piccole aziende che in questo momento non forniscono, nella stragrande maggioranza dei casi, adeguati dispositivi di protezione individuale. D’altronde è cosa risaputa che chi investe capitali nella sicurezza perde capitali dai profitti.

Ma tutto ciò, come detto, non stupisce. Tutto ciò fa semplicemente rabbia.
E la nostra rabbia può palesarsi. In quel caso potrebbe essere applicato un criterio differente di giustizia per tutti voi criminali che avete distrutto il sistema sanitario e che avete attaccato il nostro diritto al benessere ed alla salute collettiva.

Rivendichiamo la piena colpevolezza delle azioni, individuali e collettive, di chi da questa crisi sanitaria ha tratto profitti a scapito della salute dei lavoratori: dagli industriali che operano affinché tutto sia riaperto ed obbligano al contagio pur di produrre merci inutili, passando per il governo della quarantena-farsa e per le regioni dei governatori-sceriffo, generali della repressione, fino ai dirigenti sanitari che obbligano al lavoro il personale nonostante l’assenza dei DPI. Tutti siete colpevoli e non basterà una legge per rendervi immuni.

La salute è la nostra. La crisi è la loro.

Michele Sisto

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.