I giovani si trovano a pagare in massa l’onda lunga dei tagli a sanità e istruzione, gli strascichi della crisi del 2008 e lo scoppio della nuova crisi economica mondiale sulla scia della pandemia. Organizzarsi e lottare per un futuro, per una società non più oppressa e basata sullo sfruttamento, è la grande necessità e la grande sfida della gioventù.


La gioventù durante e dopo la quarantena
Sulla spinta della principale pandemia del secolo, che ha visto più oltre 7.300.000 casi di contagi accertati nel mondo di cui oltre 420.000 morti e di questi 120.000 solo negli USA e quasi 200.000 solo in Europa – la quale si propone ancora come il campione del progresso e dell’avanzamento nelle tutele alla salute e alla vita –, si è alle porte di una recessione economica pari se non peggiore a quella del 1929.
L’unica soluzione che borghesia è riuscita a trovare per contenere il contagio pur mantenendo, per quanto possibile, intatti i propri interessi – cioè la produzione di merci e l’accumulazione di profitti – è stato il lockdown forzato di intere nazioni come Italia, Spagna e Francia. Questo a fronte della pressoché totale assenza delle strutture, del personale e delle attrezzature ospedaliere per affrontare una crisi sanitaria, a causa dagli ultimi dieci anni, o più, di tagli alla sanità pubblica, di mancati investimenti in questo settore, le mancate assunzioni di personale sanitario specializzato da parte dello Stato, i test di ingresso che limitano la formazione di sempre più sanitari a tutti i livelli perché è conseguenziale che se si taglia sulla sanità perché non si dovrebbero tagliare anche gli investimenti nell’istruzione pubblica. Tagli su tagli, che i capitalisti hanno portato avanti attraverso le braccia dello Stato per continuare ad arricchirsi nonostante le recessioni economiche e l’impoverimento di milioni di persone, a fronte di una delle peggiori crisi economiche che il capitalismo ha vissuto come quella del 2008. Le politiche che hanno accomunato tutti questi governi e che le accomunano con quello attuale, nonostante Conte abbia provato a darsi un tono a “padre della patria” durante la quarantena tentando di consolidare la sua posizione governativa, sono politiche che prevedono sempre maggiori sacrifici da parte di lavoratori, studenti, giovani e donne per superare la crisi, e che non prevedono affatto la limitazione dei profitti dei capitalisti, nemmeno a fronte di un bene collettivo come quello della salute che è stato messo a rischio con la diffusione del Covid-19 nei posti di lavoro tenuti ostinatamente aperti.
Così la pandemia ha funto solo da acceleratore sociale di una crisi che si nascondeva già dietro l’angolo, che ha causato e causerà l’aggravarsi della condizione di vita per decine e decine di milioni di giovani nel mondo.
La gioventù mondiale oggi
non solo è obbligata a immettersi in un mondo del lavoro che la vede schiacciata dai bassissimi stipendi medi – che in Europa si aggirano sotto i 2.000 euro per lavori a contratto stabile, mentre quelli della gioventù precaria sono meno della metà-, dal lavoro nero e dal sempre più dilagante lavoro precario legalizzato attraverso contratti a tempo determinato con, quando va “bene”, innumerevoli rinnovi; ma anche dall’assenza di bandi e concorsi pubblici dignitosi che permettano a tutti i giovani laureati di poter immettersi nel mondo del lavoro con un compenso relativamente adeguato. Condizione che porta spesso giovani formati a ripiegare su lavori sottopagati e completamente alieni dalle competenze acquisite durante gli anni di studio.
Su un altro fronte, l’istruzione pubblica vive
una situazione di collasso generalizzata. Negli anni si è tentato di direzionare l’istruzione sempre di più verso un modello aziendale privato, dove il dirigente è il datore di lavoro e gli insegnanti devono essere accorti a non infastidirlo o seguire la sua scuola di pensiero sui metodi e temi di insegnamento altrimenti possono essere licenziati, fatti fuori. Contemporaneamente gli studenti vengono mandati come manodopera a costo zero a fare l’”alternanza scuola-lavoro” con la scusa di una maggiore formazione; quando l’unica formazione che veramente viene impartita è l’adattarsi a un mondo di lavori precari, sottopagati e ricattabili. Un istruzione pubblica che così si assoggetta completamente agli interessi del capitale e si allontana quanto più possibile dall’insegnamento di un pensiero critico che invece lo studio e la conoscenza dovrebbero stimolare. Questa situazione è aggravata dal bassissimo ricambio generazionale degli insegnanti, che ha oggettivamente escluso tutta una massa di giovani laureati che, tra l’altro, oggi avrebbero anche molte più competenze tecnologiche, a causa del fatto che tantissimi professori anziani sono impossibilitati ad andare in pensione. Condizione che, a fronte del lockdown, ha reso estremamente complessa la scelta del governo di chiudere tutte le scuole e spostare la didattica in via telematica. Scelta che ha solo peggiorato la situazione degli studenti di tutti i livelli: non solo gli studenti non sono stati consultati né resi agenti attivi di una didattica alternativa durante la fase della quarantena, ma nemmeno sono state fornite loro le giuste attrezzature, a studenti e insegnanti. Come non sono stati interpellati i genitori, in particolari per quanto riguarda le scuole dell’infanzia, e in particolare le madri su cui è ricaduto il lavoro più gravoso di assicurare l’istruzione ai propri figli, obbligando bambini piccoli a non avere interazioni sociali e dipendere esclusivamente dai genitori per la loro crescita formativa: è bastato che fossero lavoratori di settori essenziali per avere serie difficoltà a portar avanti il lavoro di cura che richiedeva la fase d’emergenza.
Questo processo di smantellamento della didattica, non solo sul piano economico di tagli ai fondi, alle strutture, ai progetti extrascolastici ecc, ma anche sul piano ideologico della didattica più profondo è il frutto di decenni, che ad ogni crisi si radicalizzano negli attacchi e che puntano a distruggere una scuola
egalitaria, realmente pubblica e che permetta lo sviluppo di un dibattito tra gli studenti stessi, tra studenti e insegnati e la loro gestione in prima persone della vita scolastica affinché il pensiero critico, la possibilità di pensare che un altro tipo di scuola, di economia, di società è possibile si allontani quanto più possibile dalla quotidianità dei giovani; perché se i giovani precari, gli studenti iniziassero a pensare di organizzarsi e costruire, lottare per il futuro che sta venendo loro negato, uniti ai lavoratori potrebbero fare tremare dalle fondamenta il capitalismo.
In una situazione già drammatica come questa arrivano dai dati ISTAT gli aggiornati sulla seconda metà del semestre del 2020, che quindi comprendono le conseguenze della crisi sanitaria rispetto occupazione e disoccupazione: ad aprile l’occupazione ha registrato un forte calo (-1,2% pari a -274mila unità) e ha coinvolto sia le donne (-1,5%, pari a -143mila), sia gli uomini (-1%, pari a -131mila), portando il tasso di occupazione al 57,9% (-0,7%); inoltre il tasso di disoccupazione è sceso al 6,3% (-1,7 punti), rispetto ad aprile 2019, principalmente per via dell’aumento esponenziale della popolazione inattiva che non cerca lavoro. In particolare, tra i giovani il tasso di disoccupazione è diminuito al 20,3% (-6,2 %), così come l’occupazione giovanile è calata del 3,4% (circa 35.000 persone) significando che all’indomani della quarantena è aumentata di molto la massa di giovani che non ha né potuto lavorare – né potrà farlo in un breve futuro – né studiare a causa del classismo della DaD e dell’istruzione pubblica.

 

Il 2008 e la sua scia: un’altra crisi che è stata fatta pagare alla gioventù precaria
L’avvento della crisi mondiale del 2008 ha palesato, non per la prima volta ma in modo plateale, una grande contraddizione del nostro tempo: l’inefficacia strutturato del capitalismo nel soddisfare l’offerta di lavoro, per formata che sia, generando, soprattutto in periodi di crisi strutturale, consistenti fette di popolazione completamente inoccupate o che rincorrono lavori precari e sottopagati. Fetta di popolazione che spesso coincidono con i giovani, universitari e non, che non sono proprio riusciti ad immettersi nel mondo del lavoro. Non a caso Marx parlava dell’“esercito di riserva” che il capitale genera e che i capitalisti sfruttano per giocare al ribasso sulla compravendita della forza-lavoro; infatti il post crisi 2008 ha visto proprio un aumento della disoccupazione giovanile storico – nel 2013 la media europea di disoccupazione era del 60%, con la Grecia, l’Italia e la Spagna tra i paesi più colpiti. Le soluzioni del capitalismo per provare a risollevarsi dalla crisi economica del 2008 che hanno mosso l’economia, la politica, e quindi la vita delle persone per gli ultimi dodici anni, però, non si sono limitate al totale abbandono di miliardi di persone all’inoccupazione: anzi, ci si è concentrati in un attacco feroce al mondo del lavoro, abbassando sempre di più le tutele sindacali (si pensi che in Italia abbiamo avuto l’abolizione dell’articolo 18 che tutelava i lavoratori dai licenziamenti e dalla precarietà lavorativa), abbassando il salario medio e la retribuzione oraria media, introducendo contratti legali di lavori precarizzati, come i contratti a sei mesi o quelli per i tirocini, stage e apprendistati che spesso non sono realmente retribuiti o vedono una retribuzione misera. Tutto questo con un bombardamento di sottofondo di una retorica permanente dei giovani choosybamboccioni che non hanno voglia di lavorare, che per formarsi devi pagare e non essere pagato, e che l’esperienza diventa la moneta di scambio per il tuo lavoro, quindi che la colpa dei sempre crescenti livelli di precarizzazione e disoccupazione giovanile è colpa dei giovani stessi che non sono ben disposti a svendere la propria vita, la propria formazione e il proprio tempo. Si è provato anche a smantellare tutto il sistema pubblico, permettendo così minori investimenti da parte dello Stato e maggiori spese lavoratori; infatti, negli ultimi dieci anni abbiamo visto uno smantellamento della sanità, del trasporto e della scuola pubblica a favore del privato. Si pensi in Italia alle riforme della “Buona scuola”, il “decreto Balduzzi” per la sanità, che nel giro di soli cinque anni hanno smantellato tutte le principali strutture del servizio pubblico a disposizione dei settori impoveriti dalla crisi.
In questa situazione drammatica la gioventù, con buone ondate di partecipazione di piazza e occupazioni di facoltà hanno tentato di porre un freno, spinti anche dai movimenti internazionali, in particolare quello degli “Indignados”. Un movimento che, aldilà di un rigetto “populista” della casta politica spagnola, non ha messo in questione il regime monarchico costituzionale del ’78 né il sistema capitalista in quanto tale, dando sfogo a una rabbia sociale che è stata presto catalizzata dal riformismo istituzionale del PSOE e dal populismo di sinistra di Podemos, soffocando così l’idea della fuoriuscita dalla crisi facendola pagare alla classe dominante, più che alla “casta”. Non a caso è proprio da quei movimenti che nascono le basi militanti e dirigenti di Podemos in Spagna, che oggi siede a sinistra di un governo che non ha nemmeno pensato di dare ascolto alle necessità degli studenti durante la pandemia, e che continua a sostenere politiche di abbassamento dei salari, licenziamenti e sfruttamento di nuovo con la scusa “di sacrifici” per l’uscita dalla nuova crisi economica causata dalla pandemia. Una dinamica che in Italia è stata capitalizzata in gran parte dal Movimento 5 Stelle che nei suoi ultimi due anni di governo è stato capace solo di illudere i giovani precari con la misura del reddito “di cittadinanza”, permettendo di fatto un’ulteriore precarizzazione del lavoro e abbassamento dei salari medi, e che oggi sta preparando piani di licenziamenti, ferie non pagate e casseintegrazioni” invisibili” per far pagare la crisi ai giovani e ai lavoratori. Alla capitolazione riformista di un processo di lotta come quello del 2010, si è aggiunta l’assenza di coordinazione di questo spaccato di società con le lotte e gli scioperi dei lavoratori, a loro volta traditi dalle prospettive fintamente radicali di Landini, già segretario FIOM, che invece stava solo sfruttando il momento per continuare la sua ascesa nella CGIL. Abbassando così le capacità e la forza di cambiamento di quegli anni.
Nonostante gli attacchi, l’abbassamento dei salari, l’assenza di una forte dinamica di lotta di classe che ponesse un arresto alle barbarie che si stavano compiendo sulle spalle dei giovani e dei lavoratori, nonostante la sempre maggiore conciliazione dello Stato con i più grandi sindacati che hanno sempre abbassato la testa e svolto il ruolo di garanti della pace sociale, il capitalismo non è mai riuscito negli ultimi anni a rialzarsi completamente dalla crisi di sovrapproduzione del 2008.
Generando così dinamiche con diverse sfumature in Europa e nel mondo, ma che hanno perlopiù condiviso un’ondata reazionaria di avanzata delle destre: Trump presidente degli USA e Bolsonaro del Brasile; l’ascesa significativa della destra filo-fascista diVOX in Spagna; l’impennata di consenso dei Le Pen in Francia, così come del populismo di destra di Lega e M5S in Italia, che ha portato alla ribalta Matteo Salvini; la vittoria di Orbàn in Ungheria che ha sfruttato la pandemia per farsi affidare pieni poteri dal Parlamento. Tutti schierati contro la classe lavoratrice e contro le rivendicazioni di emancipazione della gioventù, aldilà dei loro discorsi a parole generosi per tutti, nei fatti in continuità con l’austerità neoliberale e la divisione degli oppressi e degli sfruttati.

 

La quarantena sta finendo, la crisi sta cominciando: come può la gioventù conquistarsi il futuro?
La “normalità” precedente alla diffusione del Coronavirus non era né pace né giustizia per i giovani così come per la classe lavoratrice. Ma quello che ci aspetta, se lasciamo campo aperto alla classe dominante e ai suoi partiti, è senz’altro peggio: strascico e possibili nuovi focolai della pandemia, recessione globale, approfondimento della distruzione dell’ambiente…

Alla gioventù mondiale non resta che organizzarsi. Gli attacchi, l’isolamento, la cultura dell’individualismo, la mancanza di prospettive future hanno portato i giovani ad avere legami sempre più sottili con la realtà sociale, generando spesso incompatibilità con la socialità, con i ritmi veloci del capitalismo che la permea e la schiaccia, e vera e propria depressione. Questa è una manifestazione dilagante che vede come radice una società che schiaccia milioni di persone, milioni di giovani che si trovano ad accumulare frustrazioni sociali e personali senza valvole di sfogo né tanto meno alternative progressive. Per questo è importante che si ricrei una spinta aggregativa, partecipativa per i giovani oggi: in cui potersi confrontare e poter solidarizzare, lottare fianco a fianco in ambienti che sfidano l’ideologia dominante – dal culto del profitto al patriarcato – attraverso il terreno dell’azione.
Per riuscire in questo crediamo indispensabile che gli studenti, i giovani si dotino di un loro programma indipendente che tenga conto dei loro interessi reali e
delle loro risoluzioni per uscire dalla crisi senza esserne le vittime sacrificali, cercando alleati in tutti quei lavoratori e lavoratrici che vivono la stessa condizioni di sfruttamento e oppressione.
Un programma che prima di tutto rivendichi
di essere anticapitalista, antipatriarcale e rivoluzionario: perché non c’è un futuro desiderabile per i giovani, che non sia una ripetizione del passato, se non si abbatte questa società già vecchia e ripetutamente fallimentare, se non si rompono i legami eteronormati su cui ci obbligano a costruire le nostre relazioni sociali e se non ci si convince che un altro tipo di società, che rompe con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, non solo è possibile, ma urgentemente necessaria contro lo scivolamento della nostra società verso la barbarie.
Per questo i giovani hanno bisogno di organizzarsi e lottare
contro questo sistema facendo proprie le rivendicazioni più avanzate della battaglia contro la devastazione climatica che ha perpetuato il capitalismo negli ultimi cento anni rinfoltendo le fila dei movimento come FFF; la battaglia contro il patriarcato e i modelli eteronomativi che hanno generato delle vere e proprie maree in tutto il mondo di donne, lavoratrici, giovani che al grido di “Ni Una Menos” e del diritto all’aborto libero, sicuro e garantito sono riuscite a vincere tantissime lotte, una marea che però non dovrà arrestarsi fin quando questo sistema non sarà sconfitto; le battaglie di tantissimi giovani contro la precarietà che vengono sfruttati e sottopagati per fare lavori pericolosi e stressanti, come i riders o i lavoratori del call center; ma anche sostenere, spingere e rianimare anche in Italia ed in Europa le battaglie contro il razzismo e gli abusi polizieschi che stanno facendo tremare l’USA, perché troppi di noi sono stati uccisi senza nessuna giustizia,colpevolizzandoci di essere criminali, sovversivi o solamente drogati, da Carlo Giuliani a Stefano Cucchi, è giunto il momento di organizzarci anche noi per lottare contro le vite che ogni giorno vengono strappate, sfruttate o oppresse da un sistema violento, che si doto di un braccio armato ancor più violento, che ogni giorno ci uccide, umilia e priva del nostro diritto a una vita degna di essere vissuta.
Ma oggi, all’indomani della pandemia, alle porte di una crisi economica mondiale
, diventa fondamentale organizzarci per preparare sin da subito un contrattacco deciso alle politiche che intendono impoverirci ancora di più e relegarci in quanto giovani ancora più al margini della società; per questo è urgente, è prioritaria la battaglia contro la disoccupazione – al grido di lavorare meno, lavorare tutti -, contro i tirocini non pagati, i contratti part-time, l’incremento sempre maggiore delle tasse universitarie, lo stipendio minimo orario, i test d’ingresso, maggiori tutele sindacali.

Una battaglia che può diventare il manifesto di una gioventù a cui è già stato tolto tanto ma che è pronta a riprendersi tutto il maltolto… e molto di più.
Perché noi non vogliamo essere la gioventù senza lavoro, senza studio e senza futuro, ma quella che vuole il pane e pure le rose, quella che vuole un mondo libero dall’inquinamento e dalla distruzione ambientale, ma sopratutto un mondo libero dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per riprenderci il nostro futuro rubato.

 

Una campagna contro la precarietà per lottare contro la crisi
Con questi presupposti politici lanciamo e sosteniamo come Voce Delle Lotte la campagna dal Coordinamento Studentesco Rivoluzionario e
di Il Pane e Le Rose-Pan y Rosas Italia, che si riallaccia alle campagne di altri gruppi giovanili della nostra rete intenzionale, La Red Internacional, come quelle lanciate dal gruppo spagnolo di ContraCorriente o dei giovani che si organizzano attorno a Révolution Permanente in Francia, sulla denuncia delle condizioni di lavoro dei giovani precari, degli studenti, delle giovani donne che saranno tra i più colpiti dalla crisi e tra quelli su cui ricadranno le manovre che il capitalismo metterà in piedi per uscirne, se non ci dotiamo di una prospettiva rivoluzionaria. Con l’obiettivo di spingere l’organizzazione della gioventù in un movimento che non solo si difenda dagli attacchi, ma che costruisca una prospettiva anticapitalista, antipatriarcale e rivoluzionaria, insieme ai lavorati per l’uscita dalla crisi e la lotta per una società diversa.
Lanciamo questa campagna con l’assemblea del 18 giugno alle ore 18.00 in diretta sulla pagina Facebook della La Voce Delle Lotte che avrà come invitate proprio due compagne internazionali dalla Spagna e dalla Francia, più l’intervento di una nostra compagna, redattrice de La Voce, studentessa di infermieristica, e come moderatore un altro nostro redattore e compagno che in questa crisi sanitaria ha lottato in prima fila il covid-19 lavorando in un reparto di emergenza.

La gioventù è la fiamma più viva della rivoluzione!

Riprendiamoci il futuro!

Segui la diretta live sulla nostra pagina Facebook il 18 giugno alle ore 18:00!

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
Sito informativo della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR).