La proposta del governo svedese di liberalizzare il mercato degli affitti, che comporterebbe un grave aumento degli affitti, ha visto un’immediata risposta di protesta nelle principali città del paese.


Ieri pomeriggio a Stoccolma e Göteborg, le due principali città della Svezia, si sono tenuti alcuni presidi per contrastare la proposta del governo di liberalizzare il mercato degli affitti. Una simile misura darebbe ai padroni di casa piena libertà di imporre le proprie condizioni e i propri prezzi sugli affittuari (perlopiù studenti, proletari e migranti). Come conseguenza fisiologica, questo significherebbe un aumento degli affitti. A Stoccolma, ad esempio, potrebbero aumentare del 50% e a Göteborg del 30 o 40. A Berlino, dove una simile misura è già stata presa anni fa, si calcola che gli affitti siano aumentati del 93% in dieci anni.

Il contesto della protesta contro il caro affitti

Il contesto politico-istituzionale di questa misura apertamente filo-padronale è quello del ”patto di gennaio” (januariavtalet) che ha segnato l’inizio, nel gennaio 2020, dell’ennesimo governo socialdemocratico con l’appoggio del partito liberale (e, in questo caso, anche del partito di centro, il Centerpartiet). Questa misura arriva in un momento storico in cui il sistema-Svezia (già in crisi da decenni) è messo alla prova da almeno tre grandi crisi ”interne”:

– La crisi dei migranti. La partita relativa all’accesso al welfare dei migranti è ancora aperta. Sverigedemokraterna (il partito reazionario), sebbene rimanga in minoranza, nei sondaggi sembra in certi periodi superare (sebbene di poco) il Partito Socialdemocratico. Una delle ragioni è l’impoverimento della classe media e il peggioramento delle condizioni di vita dei proletari bianchi, i quali abboccano alla retorica di SD, il quale non ha mai dichiarato di essere ”contro il welfare”, ma ”per il welfare agli svedesi” e contro il welfare ai migranti. Noi marxisti rivoluzionari sappiamo che questo partita, giocata sulle spalle dei più deboli, ha senso solo all’interno del campo ristretto della società capitalista e della sua versione socialdemocratica in crisi. I dilemmi su chi merita di ricevere certe risorse e i diversivi dei conflitti tra nativi e migranti possono avere luogo solo in una società le cui risorse rimangono bloccate nelle mani della minoranza di ”rapinatori” borghesi che le sottraggono alla maggioranza. In una società socialista quelle risorse sarebbero disponibili per tutti, nativi e migranti e per questo la retorica dei partiti reazionari come SD o la Lega non avrebbe terreno né ragione di funzionare.

– La crisi degli alloggi. Di cui avevamo scritto tre anni fa in un articolo che rimane attuale.

– La crisi del Coronavirus. Sebbene la Svezia abbia adottato misure blande contro la pandemia, anche la sua economia, essendo i mercati tra loro interconnessi, sta subendo gli effetti delle crisi degli altri paesi. Anche in Svezia proletari, giovani e immigrati si sono impoveriti a causa della crisi del Coronavirus (specialmente coloro che non potevano lavorare da casa o coloro che sono stati costretti a scegliere se andare in fabbrica o a scuola rischiando il contagio o saltare turni affollati guadagnando meno).

Queste tre crisi si intrecciano tra loro e rappresentano lo sfondo contro cui si presenta questa proposta del governo svedese che va verso la direzione di delegare ai privati un diritto fondamentale: quello alla casa. La crisi degli alloggi non basta e non è bastata a far capire ai socialdemocratici che, se gli alloggi sono insufficienti, non è perché i privati sono limitati nel loro agire e nei loro guadagni, ma, al contrario, perché il mercato non è in grado di soddisfare i bisogni della maggioranza.

La rivendicazione di un diritto fondamentale come quello della casa deve essere collegata a tutte le altre rivendicazioni in una prospettiva internazionale e internazionalista. La proprietà privata e il mercato “libero” immobiliare sono incompatibili con la garanzia di questo diritto, ed è giusto e legittimo rivendicare, per noi sfruttati e popolazione povera, che i nostri bisogni abbiano a priorità, a danno dei profitti di pochi.

La casa è un diritto, non un privilegio per pochi da ottenere con grandi difficoltà e pagandolo al caro prezzo di numerosi sacrifici.

 

Matteo Iammarrone

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nel 1995, si è laureato in filosofia all'Università di Bologna. Dopo un master all'Università di Gothenburg (in Svezia), ha ottenuto un dottorato nella stessa città dove tuttora vive, fa ricerca e scrive come corrispondente de La Voce delle lotte.