Javo Ferreira, dirigente della LOR-CI e redattore di La Izquierda Diario Bolivia, discute i risultati dell’agognata elezione presidenziale dello scorso mese, e di come la situazione politica è cambiata con la sconfitta del governo golpista e la vittoria del MAS.


[Questa intervista è stata originalmente pubblicata il 19 ottobre su La Izquierda Diario. Approfittiamo dell’insediamento del nuovo governo per poterla riportare tradotta, sperando di poter dare una prospettiva ulteriore “dal campo” della situazione eccezionale che il paese sudamericano si trova ad attraversare]

In Bolivia si sono appena tenute le prime elezioni da quando Jeanine Áñez ha preso il potere dalle mani di Evo Morales con un colpo di stato, nel 2019. Elezioni, che si sono svolte in un clima di generale incertezza, dacché il governo golpista le aveva rimandate una serie di volte col pretesto della pandemia, provvedendosi poi ad equipaggiare le forze armate con armi atte a prevenire una rivolta civile prima e dopo il voto. In una svolta sorprendente degli eventi, il 18 Ottobre, il candidato del Movimento al Socialismo di Evo Morales, Luìs Arce, ha vinto al primo turno con ampio margine rispetto al suo avversario più vicino. Nonostante il risultato non sia ancora stato ufficializzato, la stampa boliviana e anche Jeannine Áñez stessa hanno concesso vittoria a Luìs Arce Catacora, il candidato del MAS. Il risultato dell’elezione sarà sentito in tutta la regione, e ad oggi rappresenta un duro colpo ai governi di destra al potere in tutto il Sud America, e ai loro sostenitori statunitensi.

Che effetto avrà la tornata elettorale sulla classe operaia e sugli oppressi della Bolivia, che hanno subito la maggior parte degli effetti più caustici della pandemia e della conseguente crisi economica, ma anche di anni di austerità e tagli avvenuti negli anni precedenti? La Izquierda Diario ne discute con Javo Ferreira, uno dei leader della Lega Rivoluzionaria dei Lavoratori – Quarta Internazionale (LOR-CI), e redattore per La Izquierda Diario, Bolivia, per interpretare assieme i risultati delle elezioni e di come il MAS abbia già promesso di continuare molte delle politiche reazionarie del governo golpista, in nome del mantenimento della pace.

LID: Com’è stato il giorno delle elezioni, e cosa dimostrano, i risultati, della situazione politica del paese?

JF: A livello superficiale, la giornata è stata molto tranquilla, ma lontano dai riflettori era carica di tensione ed anticipazione. Dobbiamo ricordarci delle minacce di militarizzazione — come poi è successo, in effetti — da parte del governo golpista, per “fare la guardia” ai seggi. Le elezioni di quest’anno sono state forse le più internazionalmente controllate della nostra storia, con centinaia di osservatori provenienti da ogni angolo del mondo.

Le elezioni si sono tenute sull’onda del golpe dello scorso anno, che ha portato al potere Jeanine Áñez, risultato in tre massacri, centinaia di arresti, e l’incarcerazione di ulteriori centinaia di prigionieri politici. Ovviamente, le elezioni di ieri si sono tenute in un clima tesissimo. Tuttavia, la tensione ha continuato a crescere nella notte, durante l’attesa dei risultati definitivi. Il conteggio finale si è avuto intorno all’una e mezza di mattina, quando la stampa ufficiale — quella del governo golpista — è stata costretta ad annunciare i risultati dell’elezione. Poche ore dopo, la parte restante dei media nazionali, e anche la presidentessa in carica, hanno dovuto riconoscere la vittoria schiacciante di Luís Arce Catacora del MAS. Arce Catacora ha vinto con il 52.4% del voto totale. È chiaro che gli undici mesi di governo golpista — con una gestione disastrosa della pandemia, il collasso economico che ha portato alla perdita di migliaia, forse centinaia di migliaia, di posti di lavoro, e l’impoverimento vertiginoso della popolazione rurale — hanno contribuito in gran parte non solo alla vittoria “MASista”, ma anche allo stabilimento di una nuova situazione politica in Bolivia e nella regione circostante. Il risultato determinerà con ogni probabilità un cambiamento negli equilibri di potere dell’area: il Brasile esce decisamente sconfitto da questa elezione [il governo reazionario di Bolsonaro], dato che ha partecipato attivamente nell’organizzazione e nella preparazione del golpe dello scorso anno.

Questo nuovo contesto ha aperto una nuova, interessante, situazione politica, nella quale un movimento di massa che fin’ora ha protestato contro la giunta golpista avrà la possibilità di completare questa esperienza politica, sotto un governo del MAS sorto in condizioni completamente differenti da quelle dei quattordici anni precedenti di amministrazione sotto la presidenza di Evo Morales.

LID: Ci sarà un’altra tornata, o sono definitivi, i risultati di ieri?

JF: Stando a tutte le comunicazioni, quella di ieri è stata la tornata definitiva. Sembrano esserci venti punti di differenza tra il candidato del MAS e Carlos Mesa [il secondo posizionato, un candidato di centro-destra]. Questo renderebbe un secondo turno estremamente difficile da giustificare. Si tratta di una particolarità specifica del sistema elettorale Boliviano, per la quale gli ultimi voti da contare sono quelli delle aree rurali. Ma proprio in queste zone si concentrarono risultati storici migliori di Evo Morales, quando venne eletto — tra il 60 e il 70% dei consensi. Al momento, i risultati sono ufficialmente provvisori: è stato contato solo il 52% dei voti totali, ma arrivano principalmente dalle aree urbane. Perciò, dato che i voti continuano ad arrivare dalle campagne, il margine di vantaggio di Arce Catacora è destinato ad aumentare.

LID: Tenendo in considerazione il fatto che i risultati ufficiali non si sapranno fino a domani, che aspetto pensi avrà la situazione politica nel paese dopo le elezioni?

JF: In primo luogo, per i settori popolari che si erano illusi che il MAS potesse fermare l’offensiva golpista, questa elezione verrà percepita come una vittoria importante, e si rinnoveranno miraggi di una potenziale fuoriuscita dalla devastazione economica via un governo Masista. D’altro canto, la situazione è cambiata in maniera tale che, ora, l’esercito e gli apparati repressivi più forti legati al golpe, come la polizia e le forze armate, si trovano colpiti nel profondo e messi all’angolo. Ciò coincide con la ritirata del supporto destrorso e dell’offensiva imperialista guidata da Donald Trump. Con l’ascesa del movimento Black Lives Matter e la lotta di classe negli USA e a livello internazionale, il sostegno globale per il golpe dell’estrema destra è stato gravemente ridimensionato.

La situazione politica sta cambiando, ora che il governo golpista ha perso le elezioni. C’è già discussione su come liberare i detenuti politici imprigionati durante il governo Áñez, e su come finire, più in generale, la fase di persecuzione politicamente motivata iniziata durante lo scorso anno. L’elezione ha aperto uno spazio leggermente più democratico rispetto a quello che abbiamo visto negli ultimi mesi. Torna difficile vedere, in questo contesto, come la destra possa riuscire a lanciare una controffensiva per mettere in discussion il risultato elettorale.

LID: Correggimi se sbaglio, ma credo che il contesto muterà anche a livello regionale. La polarizzazione di questi anni ha chance di sopravvivere in alcune aree dove il machismo è forte e la destra è più influente?

JF: Ancora non è chiaro, ma palesemente c’è un livello di divisione a livello regionale. Tuttavia, il MAS mantiene uno spazio d’azione importante in queste aree, e immagino che, se andiamo ad analizzare i risultati nel dettaglio, tale spazio resterà in posti come Santa Cruz, all’interno dei quartieri popolari, indigeni e contadini. Il regionalismo boliviano è cronico, e continua ancora oggi: ma va rimarcato come le elezioni di ieri abbiano trafitto in maniera non indifferente questo grado di polarizzazione. Il fatto è che, ovviamente, se i risultati vengono confermati, il MAS avrà una base molto forte in parlamento. Nonostante anche la destra abbia un appoggio importante nelle camere rappresentative, non potrà cambiare il grado di potere che il MAS otterrà nei prossimi mesi. Quindi, in tal senso, questo regionalismo continuerà ad esistere, ma per il momento, la destra rimane schiacciata, in un certo senso, perché è avvenuto un cambiamento importante.

Su scala geopolitica, i grandi sconfitti sono il Brasile e le forze armate. Intanto, il governo Fernandez, in Argentina, sarà beneficiario del risultato elettorale, avendo sostenuto senza esitazione il deposto Evo Morales, mentre fuggiva dalle forze golpiste. In tale contesto, ci sarà un riallineamento delle forze su scala regionale. Ma è possibile altresì che si innalzi il livello della lotta di classe, incoraggiata non solo dalla crisi ma anche dalle crescenti aspettative nutrite verso il nuovo governo.

LID: Mentre era al potere, il governo Áñez ha preso misure reazionarie e ha avanzato le rivendicazioni dei settori più benestanti dell’economia. Ora che il MAS è di nuovo in controllo della presidenza, c’è una possibilità che si riavvolgano queste rivendicazioni?

JF: Non credo proprio che ci sarà un’inversione di tendenza rispetto a queste rivendicazioni. Di fatto, molte delle misure prese dal governo di Jeanine Áñez erano già pronte da quando il MAS era al potere, come ad esempio un’intera serie di misure atte ad espandere la frontiera agricola. Per questo motivo, non credo che queste decisioni verranno ritirate. Poi, Arce Catacora ha anche affermato durante una rapida conferenza stampa, nella giornata di ieri, che il partito farà qualsiasi cosa per “evitare la vendetta della destra”, e a lui si sono accodati altri leaders masisti. Ha già espresso chiaramente che il suo obbiettivo di governare “per tutti i boliviani” passa attraverso un patto di unità sociale con le imprese e il settore agricolo.

La mia impressione, in termini generali, è che le decisioni prese dal governo golpista non verranno abrogate. Magari alcune, ma non quelle che, nello specifico, hanno rafforzato le alleanze tra i settori dell’ “agrobusiness” e delle borghesie multinazionali. Al contrario, è in arrivo un patto sociale, un patto di unità nazionale, che si allineerà con i ceti dominanti sulle modalità di adeguamento economico da applicare, per rispondere all’enorme crisi economica che sta attraversando la Bolivia. Stiamo parlando di una crisi profonda, nella quale la Bolivia è dietro al Perù, e il Perù è dietro all’Argentina. In tale contesto, il governo di Arce Catacora non disporrà più del vantaggio di prezzi più alti per i propri prodotti che hanno caratterizzato il paese negli ultimi decenni, e anzi, dovrà far fronte a una situazione economica davvero difficile. Il MAS dovrà necessariamente diventare l’esecutore di politiche di austerity, più presto che tardi.

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