La “visita a sorpresa” di un dirigente di GKN in fabbrica, insieme ai continui rinvii sul piano industriale, conferma che la lotta degli operai di Campi Bisenzio è tutt’altro che finita. Lanciata un’assemblea per il 9 giugno.


L’avvertimento degli operai GKN sulle difficoltà che la loro situazione avrebbe ancora attraversato non era frutto di allarmismo. Il loro futuro e quello della loro fabbrica è ancora da scrivere, è ancora terreno di lotta di classe.

Ieri pomeriggio l’assemblea permanente della GKN di Campi Bisenzio ha subito una gravissima provocazione, come riporta il collettivo di fabbrica:

Quanto accaduto ieri è di una gravità estrema. La presenza di un esponente spagnolo di Gkn dentro lo stabilimento di Firenze per gestire di fatto la delocalizzazione getta ulteriore luce sinistra sulla vertenza.

Ancora più grave è che questa presenza sia avvenuta in contemporanea con un incontro convocato dal dottor Borgomeo in azienda. Tale incontro, che a differenza di quanto annunciato non ha portato nessuna novità sostanziale sul piano industriale, si è prefigurato quasi come un diversivo. Qf nega di essere stata a conoscenza di tale presenza e l’esponente di Gkn sarebbe entrato a loro insaputa.

Ma gli elementi inquietanti non finiscono qua: il tutto avveniva con una pattuglia delle forze dell’ordine di fronte ai cancelli. Segnale evidente che al contrario il tutto, almeno a qualcuno, era ben noto.

A seguito di un accordo siglato a fine dicembre, l’ex controllata del fondo di investimento britannico Melrose è stata rilevata da parte di Francesco Borgomeo, padrone laziale a capo di un gruppo del settore ceramico e presidente di Unindustria Cassino. Fin da subito ai lavoratori è stato chiaro che la vittoria riportata era importante, ma parziale:

I licenziamenti in Gkn sono stati sconfitti non una ma due volte. Avevamo detto che se sfondavano qua, avrebbero sfondato dappertutto. Qua non hanno sfondato. E questo è quanto portiamo in dote a chiunque voglia trarne coraggio, lezione, bilanci, metodo. Il rischio ora è di essere in un nuovo calcolo. Entriamo in una fase di attesa, dove non si rischia la morte improvvisa ma per lenta agonia. Chi ci acquista non ha un proprio piano industriale ma lo fa per venderci a un terzo soggetto industriale. E veniamo acquistati non per tornare a fare semiassi, ma per una reindustrializzazione che potrebbe comprendere lo svuotamento totale del capannone e una produzione completamente diversa. Un’operazione complessa la cui riuscita è tutta da verificare.

È la fase dove rischiamo di fare la fine della rana bollita di Chomsky. La rana immersa in un pentolino d’acqua fredda prova sollievo quando accendi il fuoco perché avverte un certo tepore. Man mano che l’acqua sale di temperatura la rana si abitua al calore. Quando infine avverte pericolo di morte, l’acqua calda le ha tolto ogni forza e non riesce più a saltare fuori dalla pentola.

Con tutta probabilità l’ex-GKN (ora etichettata con l’orwelliana sigla QF – Quattro F: Fiducia nel Futuro della Fabbrica di Firenze) non produrrà più semiassi. Tuttavia, il fatto che i macchinari rimangano presidiati dagli operai rappresenta un’arma di pressione fondamentale per contrastare i ripetuti bluff e l’atteggiamento opaco della nuova proprietà; “ciò che esce dallo stabilimento avviene nella garanzia di ciò che entra”, spiega il collettivo.

L’analisi dei lavoratori si è rivelata corretta ,quando a fine aprile Borgomeo ha confessato la sostanziale assenza di un piano industriale e di investitori pronti a partecipare alla nuova società. Così, lo stesso Borgomeo – che qualche giorno fa attaccava i percettori del reddito di cittadinanza in quanto “sfaticati” a carico della collettività – otteneva milioni e milioni a fondo perduto dal governo per costringere gli operai GKN, in lotta proprio per tornare ‘al lavoro’, a rimanere economicamente inattivi.

Il prolungamento della cassa integrazione ordinaria, infatti, faceva il paio con l’opposizione del padrone (e dello stesso Ministero dello Sviluppo Economico – MISE) all’ingresso dello Stato nella proprietà, richiesto dai delegati sindacali come garanzia della ripresa della produzione. Accettare una proposta del genere avrebbe infatti ridotto il margine di manovra di Borgomeo: il sospetto è che dietro l’operazione QF il vero guadagno non stia tanto nella fumosa prospettiva della re-industrializzazione, quanto in un accordo con Melrose per riottenere i macchinari. A suffragio di questa preoccupazione, pare che lo studio legale che seguiva il fondo di investimento britannico nel processo di dismissione di GKN sia lo stesso che assiste la società subentrante, rileva il collettivo nel post pubblicato ieri pomeriggio.

I lavoratori non si sono però limitati a fare proposte intelligenti al tavolo dei negoziati e a denunciare le trame dell’affarista. Qualche mese fa, infatti, è stata lanciata la parola d’ordine del “polo pubblico della mobilità”, volta a fare della ex-GKN un centro per la produzione di veicoli ecologici, anche nell’ottica di stroncare le divisioni tra classe operaia e movimento ambientalista che personaggi come Borgomeo fomentano. Recentemente, infatti, il padrone in questione ha paventato la chiusura delle sue fabbriche di ceramica sostenendo di fatto che la colpa sarebbe di chi si oppone ai termovalorizzatori, i quali – in barba al loro costo in termini sanitari ed ambientali – rappresenterebbero una panacea per la riduzione del costo dell’energia.

Più volte il collettivo GKN ha inoltre rivendicato come non si tratti semplicemente di portare l’azienda nell’orbita dello Stato, ma di impostare un nuovo modello in cui siano i lavoratori e la collettività a gestire la produzione e a definire le priorità. Nemmeno – aggiungiamo – rivendicare un polo pubblico della mobilità può essere ridotto a una proposta da rivolgere ai ‘decisori politici’ rispetto a una “nuova politica industriale”, o “per l’attuazione di una vera industria 4.0” [1], come reclamato da Andrea Roventini, professore al Sant’Anna di Pisa, in passato corteggiato dal Movimento 5 Stelle e a febbraio 2021 unitosi al coro dei fan del Draghi di governo.

La vertenza degli operai fiorentini dimostra che solo l’organizzazione autonoma dei lavoratori dalle burocrazie sindacali e dallo Stato permette di ottenere delle conquiste. Così, la rivendicazione del polo pubblico della mobilità, nel quadro di una nazionalizzazione sotto controllo operaio, deve diventare un piano di battaglia per l’intero movimento operaio, insieme ai metodi di democrazia operaia del collettivo GKN. Questo, insieme a punti programmatici come la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, necessaria per favorire la solidarietà tra lavoratori occupati e disoccupati, che padroni come Borgomeo cercano di spezzare con la becera propaganda contro il reddito di cittadinanza.

La lotta continua, e l’appuntamento per aggiornarsi e preparare la risposta alle manovre della proprietà è per il prossimo 9 giugno, con un’assemblea pubblica del comitato di supporto fiorentino, come annunciato dal collettivo di fabbrica.

 

Note

1. Si veda la nostra analisi sulla natura classista di Industria 4.0 in questo incontro pubblico, dove è intervenuto anche Dario Salvetti del collettivo di fabbrica.

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