Il 28 Settembre, giornata internazionale per il diritto all aborto sicuro, gratuito e garantito torniamo in piazza per manifestare per la messa in atto e il miglioramento della 194/78, che riconobbe alle donne in Italia il diritto ad abortire, e per il diritto di tutte le donne del mondo ad accedere all’aborto contro qualsiasi deriva conservatrice e di destra. Anche in Italia è ancora lunga la strada per conquistare la piena applicazione di questa legge,e cioè la piena garanzia del diritto ad abortire gratuitamente e in sicurezza negli ospedali pubblici, e questo ci spinge a lottare al grido: Molto di più della 194!  Soprattutto a seguito della recente elezione della destra al governo, che nonostante abbia come leader una donna, dalle sue dichiarazioni sappiamo che non ha nessuna intenzione di perseguire questa strada, anzi.
Per questo invitiamo tutt* a unirvi a noi il 28 Settembre nelle piazze delle diverse città d’Italia per la mobilitazione per la giornata internazionale del diritto all’aborto. 


 La legge 194 fu approvata in Italia in un clima di forte contrapposizione ideologica, contro un partito, la Democrazia Cristiana, legato a doppio filo al Vaticano e alle istituzioni clericali. Il compromesso con il mondo cattolico portò ad una clausola che ancora oggi è utilizzata dalle lobby  filo-ecclesiastiche e dai partiti di destra per cercare di negare alle donne il diritto ad abortire,  rendendo impossibile accedere a questa pratica .

Si tratta, come già si sarà capito, della cosiddetta “obiezione di coscienza”, che sancisce la “libertà” dei medici di rifiutare di praticare l’interruzione della gravidanza. Questa “libertà” oggi si traduce appunto nella negazione del diritto sancito proprio da quella legge.

Vanno anche messi in evidenza altri due articoli della legge che la rendono monca e che intralciano il diritto alla piena autodeterminazione della donna. Ci riferiamo all’art n. 5 secondo il  quale i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. Questo ha permesso che associazioni cattoliche e pro vita entrassero a gamba tesa dentro una realtà che dovrebbe rimanere laica.

Altro scoglio della legge è l’art. n. 2 che sancisce la settimana di riflessione. In quanto, invece di garantire supporto psicologico durante e post Igv, la si punisce, costringendo la donna ad una violenza psicologica su sé stessa, condita dalla retorica della responsabilità: “libera di abortire a patto che tu ne soffra”. Ed infatti non si dedica minimamente nella ricerca sia scientifica medica che psicologica a cercare le maniere meno invasiva per la donna. Portato ad estremi ricorda la pratica obbligatoria nell’ Ungheria di Orban in cui le donne sono costretta ad ascoltare il battito del feto prima di procedere all’aborto.

In Italia più del 70% dei ginecologi è obiettore di coscienza. Molti, a dire il vero, sono “obiettori” solo negli ospedali pubblici ma, con molta meno coscienza, praticano l’aborto nelle cliniche private per intascare più soldi. In numerose cliniche non esistono medici che praticano l’interruzione volontaria della gravidanza, e si ha un’obiezione di struttura, che costringe le donne a spostarsi altrove, facendo anche centinaia di km, addirittura spesso anche cambiando regione.

In molte regioni la percentuale supera di gran lunga la media: il record è quello del Molise, dove con il 96% di medici obiettori c’è un solo ginecologo che pratica l’aborto in tutta la regione. Una situazione ormai intollerabile, che rischia di cancellare un diritto riconosciuto dalla legge.

Il legame che è da sempre coesistito tra chiesa e stato è palese all’interno di questa leggere non solo rispetto le questioni pratiche dell’ aborto ma anche su tutto l’impianto morale.Il dogma religioso degli anti-abortisti e del mondo cattolico che considera l’aborto un “omicidio” si fonda su considerazioni morali sulla concezione di “vita” dell’esistenza dell’anima.

Per la dottrina vigente della Chiesa cattolica, ad esempio, la prima cellula umana frutto del concepimento è già una persona, perché appunto con la nascita dello zigote nasce una nuova anima. Un dogma che sicuramente non ha nulla a che vedere con la scienza.

Proprio sulla base di questo stesso dogma, gli obiettori cattolici spesso hanno negato (andando apertamente contro la legge) anche la somministrazione della pillola del giorno dopo, che non è un farmaco abortivo, ma piuttosto un contraccettivo d’emergenza capace di impedire una gravidanza conseguente a una fecondazione avvenuta fino a circa 72 ore prima.

 Ovviamente tutto questo è ben distante dalla scienza. Da un punto di vista scientifico non ha senso pensare che la “vita” nasca con l’embrione:  la vita biologica, in senso stretto, esiste già prima dell’embrione. Uno spermatozoo, un ovulo, sono vivi, così come sono vive sono le cellule che compongono il nostro corpo ed è viva tutta la materia organica.

La vera domanda, che è il vero tema della discussione bioetica, è quando si possa parlare di persona umana. Non è un caso se le leggi sull’aborto (quelle più avanzate, che riconoscono l’aborto su richiesta e non solo nei casi di pericolo per la salute, stupro ecc), individuano un periodo corrispondente ai primi mesi della gravidanza durante il quale è possibile abortire.

Lo fanno sulla base delle analisi scientifiche, degli studi sullo sviluppo dell’embrione umano e del feto che individuano in quel limite temporale il passaggio da un semplice ammasso di cellule a un individuo, sulla base dei tempi di sviluppo del sistema nervoso centrale e  dell’attività cerebrale e neuronale.

Oggi a fronte della vittoria del centrodestra alle elezioni che vede come probabile leader del prossimo governo Giorgia Meloni questo legame che vincola la pratica dell’aborto all’Igv crediamo che andrà sempre più a stringeresi contrariamente a come dovrebbe essere; in quanto basti pensare che la Meloni in quanto nel suo partito  ha messo una candidata come Maria Rachele Ruiu, tra le più attive esponenti di ProVita e Famiglia, e il partito si è  impegnato a firmare la “Carta dei principi” di ProVita e Family Day, consolidando un sodalizio che va avanti da anni.

Da questa Carta emergono diverse proposte concrete che finiranno con ogni probabilità nell’agenda: il contrasto all’aborto definito “soppressione di una vita umana inerme e innocente”, l’istituzione di una Giornata nazionale della vita nascente, la promozione del matrimonio tra uomo e donna, il diritto alla libertà educativa, l’opposizione alla gestazione per altri, il sostegno alle famiglie numerose e il contrasto a ogni tipo di progetto di legge volto a introdurre il concetto e il reato di omotransfobia le adozioni di minori a single o coppie di persone dello stesso sesso.

Per fronteggiare una possibile deriva del prossimo governo che intende attaccare questo ed altri diritti, l’unica soluzione è quella di farci marea, manifestare, lottare unite contro la deriva di destra e quelli che si dicono alternativa ma che ci hanno portato alla situazione attuale.

L’unica vera soluzione è costruire noi, con noi stesse, nei movimenti che attraversiamo, al fianco del grido di Non Una Di Meno, l’alternativa.
Le sfide sono grandi. Ecco perché ti invitiamo a unirti a noi. Vogliamo rimettere in piedi il movimento delle donne e della dissidenza, senza alcuna subordinazione ai governi, né ai partiti imprenditoriali che hanno governato fino a ieri e che oggi difendono questo regime politico e sociale che degrada sempre più le condizioni della nostra vita nè a quelli di destra che utilizzano machismo, xnefobia e razzismo per perpetuare nella pace sociale.

Per questo vogliamo ricostruire la forza di un movimento che non si ferma davanti agli attacchi della destra e che non accetta i discorsi di rassegnazione dai presunti mali “minori” e “maggiori”, perché non fanno altro che rafforzarla.

Con questa forza cominceremo ad affrontarli; ma intendiamo andare oltre, costruire il potere necessario per cambiare questa società basata sullo sfruttamento e sull’oppressione e iniziare a costruirne una nuova, dove quelli di noi che producono tutto, sono quelli che governano e su quelle basi sradicano ogni violenza e machismo . È per il pane che si combatte ma anche per le rose.

Scilla Di Pietro e Ylenia Gironella

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.

Laureata in psicologia clinica e di comunità, con specializzazione nel metodo Montessori, educatrice, attivista di Non Una di Meno transterritoriale Marche. Vive a Recanati (MC).