Dopo la mozione di censura, le classi dirigenti stanno cercando una via d’uscita politica per cercare di stabilizzare il regime. Di fronte al rischio di una manovra bonapartista, dobbiamo costruire una risposta da parte dei lavoratori e dei giovani, lottando per estromettere Macron, porre fine alla Quinta Repubblica e conquistare le nostre urgenti richieste sociali.
Non sono bastati gli impotenti appelli di Michel Barnier ai parlamentari affinché “si assumano le loro responsabilità”. Mercoledì, l’Assemblea nazionale ha approvato la mozione di censura contro il governo con una maggioranza di 331 voti. In assenza di una maggioranza, e privato della possibilità di sciogliere il Parlamento fino alla prossima estate, un meccanismo pensato per affrontare questo tipo di situazioni, il regime rischia un periodo di grande instabilità.
Crisi politica: il “blocco di centro” e il PS in piene trattative
In questi giorni sono in pieno svolgimento i negoziati per trovare un nuovo governo. Estremamente indebolito ma messo al centro del gioco dalle istituzioni, Emmanuel Macron vuole rispondere rapidamente alla crisi per evitare che crescano le richieste di dimissioni. Le proposte per un nuovo primo ministro includono Sébastien Lecornu, François Bayrou, Jean Castex, François Baroin e Bernard Cazeneuve.
Tuttavia, questa volontà di colpire rapidamente nominando una figura proto-macronista si scontra con la profondità della crisi politica. Per il momento, le ipotesi di alleanze politiche che permetterebbero di evitare una nuova censura oscillano tra un’accoppiata tra macronisti, LR e RN (sul modello del governo Barnier), la costruzione di una “grande coalizione” che passi dal PS a LR e per l’EELV, intorno a una piattaforma di governo minima che garantisca di evtare una ulteriore censura, ed un governo tecnico.
Ora che il RN ha fatto un’inversione di rotta tattica opponendosi al governo, ottenere il suo sostegno sarà estremamente difficile. Marine Le Pen ha già avvertito il futuro nuovo governo che le linee rosse di RN sul nuovo bilancio dovranno essere “considerate per intero”. Allo stesso tempo, nonostante gli appelli di Gabriel Attal, anche un’alleanza minima tra il PS, i macronisti e LR sembra difficilmente ipotizzabile, mentre Laurent Wauquiez ha già chiarito che la “base comune” “era valida solo per Michel Barnier” e il PS chiede un primo ministro che “condivida i valori della sinistra”. In definitiva, l’idea di un governo tecnico solleva gli stessi problemi delle altre due opzioni.
Di fronte alla minaccia di un balzo in avanti bonapartista
Tutti questi fattori lasciano presagire un periodo di grande instabilità per la borghesia, con il timore di ripetute censure che porterebbero a un’accelerazione del logoramento delle istituzioni. In questo contesto, alcuni editorialisti borghesi evocano già la prospettiva di una crisi di regime tale da richiedere risposte “non convenzionali”, come “la fondazione di una nuova Repubblica nel 1958 per porre fine all’instabilità cronica della Quarta Repubblica in un contesto di insurrezione”. Senza specificare che quest’ultima era il prodotto di un colpo di Stato militare filo-gollista… Altri menzionano la possibilità di attivare l’articolo 16, conferendo “poteri eccezionali” a Macron.
In assenza di una soluzione politica, il potere sarà comunque inizialmente concentrato nelle mani del Presidente, per cui l’allontanamento di Macron è una questione fondamentale. Tuttavia, questo non è sufficiente. Se negli ultimi giorni LFI ha chiesto le dimissioni di Macron, lo ha fatto in vista di nuove elezioni presidenziali, ovvero rimanendo nel quadro ultra-bonapartista della Quinta Repubblica. Allo stesso tempo, LFI non propone alcun piano per forzare le dimissioni, mentre Macron ha chiarito che intende rimanere al potere.
I vertici sindacali, di fronte all’aggravarsi della crisi, scelgono di chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie fino a quando il polverone non si sarà posato. Interrogata ieri sulla censura, Marilyse Léon della CFDT ha spiegato: “Non sono affari miei, sono una sindacalista”. La dirigenza della CGT non ha ancora detto nulla. Il loro atteggiamento sembra essere l’estensione di una scommessa implicita fin dalle elezioni legislative: approfittare della crisi politica per costringere il regime a riprendere il “dialogo sociale”, limitandosi a richieste economiche difensive e minime. Alla luce del bilancio di austerità, dell’ondata di licenziamenti e degli attacchi alla funzione pubblica, questo atteggiamento si è già rivelato un vicolo cieco.
L’urgenza di una risposta operaia alla crisi
Piuttosto che lasciare lo sviluppo della crisi nelle mani delle classi dominanti, che la gestiranno sulla base ai loro interessi, l’urgenza dovrebbe essere quella di costruire una risposta dal basso. La classe operaia, i lavoratori e i giovani, che hanno manifestato a milioni contro la riforma delle pensioni nel 2023, hanno la forza di dare una risposta alla crisi politica, intorno a un programma contro l’austerità e i licenziamenti, ma anche contro le istituzioni marce della Quinta Repubblica.
La mobilitazione del 5 dicembre si preannuncia molto partecipata in vari settori, e a livello locale si stanno svolgendo scioperi nel pubblico impiego o contro i licenziamenti: dobbiamo chiedere ai dirigenti sindacali di rompere con il loro software impotente, che non è al passo con il peggioramento della situazione in Francia e a livello internazionale. Questo è tanto più importante se si considera che RN sta cercando di capitalizzare la crisi politica e intende allargare la sua base popolare in un contesto di ondate di licenziamenti.
Se non vogliamo lasciare la crisi politica nelle mani del regime, dell’estrema destra o di ipotetiche elezioni, abbiamo bisogno di un grande movimento generalizzato dal basso, uno sciopero generale politico, che lotti per le dimissioni di Macron, per la fine delle istituzioni marce della Quinta Repubblica e per un programma operaio che affronti la crisi.
Come rivoluzionari, siamo pronti a mettere tutte le nostre forze in questa battaglia a fianco della sinistra politica e sindacale, LFI e CGT in testa. Ma dobbiamo lottare con i metodi della lotta di classe e con richieste serie. Limitarsi a una via d’uscita dall’alto, chiedendo le dimissioni di Macron e cercando di sostituirlo con un nuovo monarca repubblicano, è un vicolo cieco. Chi si preoccupa di difendere la democrazia deve adottare un programma coerente in questo campo: la fine della Presidenza della Repubblica e del Senato, e per un’unica Assemblea che voti le leggi e governi, i cui deputati siano eletti per 2 anni, pagati con il salario mediano e revocabili in qualsiasi momento.
Di fronte all’instabilità economica e politica e al ritorno della guerra, le classi dirigenti si rivolgono a soluzioni sempre più radicali alla crisi, come dimostrano il rafforzamento dell’estrema destra e il tentativo di colpo di stato bonapartista in Corea del Sud. I lavoratori e i giovani non possono continuare a farsi cullare dalle illusioni elettorali. Abbiamo bisogno di un programma operaio per mettere fine alla Quinta Repubblica, vieti i licenziamenti, aumenti tutti i salari ed espropri interi settori dell’economia sotto il controllo dei lavoratori. Altrimenti, l’attuale crisi si risolverà ancora una volta a spese dei lavoratori e dei giovani.
Paul Morao
Redazione Internazionale La Izquierda Diario
Rete di 15 giornali online militanti, in 7 lingue, animati dalla Frazione Trotskista per la Quarta Internazionale (FT-QI), di cui La Voce delle Lotte è la testata in Italia.