Quest’anno si è celebrato il 25 aprile in una condizione unica, sotto i decreti speciali di non assembramento e di quarantena a causa dell’emergenza sanitaria: una situazione che ha palesato alcune delle contraddizioni più profonde di questa situazione di crisi sanitaria e della sua gestione da parte del governo Conte.


25 aprile: la cacciata dei fascisti che fu una rivoluzione mancata

Dopo decenni di fascismo, sopportando enormi difficoltà causate dalla guerra e dopo 2 anni di occupazione tedesca del centro-nord, il popolo italiano conquistò la propria libertà dal fascismo ed espulse l’invasore nazista con le proprie forze. L‘enorme e diffusa resistenza italiana, che è riuscita a creare una milizia di oltre 300.000 combattenti, tra cui 60.000 morti, che hanno combattuto per la loro libertà, è un esempio storico di resistenza di auto-organizzazione per le masse lavoratrici e contadine.
La retorica della liberazione avvenuta esclusivamente grazie all’intervento americano, che ha preso piede col tempo, è solo una mistificazione storica per sminuire il valore e la potenzialità di un processo di lotta e liberazione che avrebbe potuto sfociare in una vera e propria rivoluzione sociale.

Un processo che, se si è interrotto a metà, è perché ha trovato rapidamente una mediazione con la borghesia, con gli stessi padroni che si erano schierati in massa con Mussolini fino al giorno prima, dietro l’enorme pressione degli Stati Uniti e delle armate degli Alleati sparse per il paese. I capi conciliatori della resistenza, quelli del PCI inclusi, ebbero la meglio nel convincere una popolazione allo stremo per cinque anni di guerra, due di guerra civile interna e mezzo milione di morti.

I vincitori della Seconda Guerra Mondiale non potevano permettersi che, sotto il proprio naso, un altro paese potesse cadere sotto l’influenza dell’URSS o che, peggio, facesse da esempio come alternativa rivoluzionaria sia alle potenze “democratiche” imperialiste, sia alla burocrazia controrivoluzionaria di Stalin e soci.

 

Un 25 aprile all’insegna della repressione

Così ieri si è celebrato il 75esimo anniversario dal giorno della liberazione dal nazifascismo in Italia, in una condizione unica, sotto i decreti speciali di non assembramento e di quarantena a causa dell’emergenza sanitaria. Un 25 aprile insolito, ma che ha palesato alcune delle contraddizioni più profonde di questa situazione di crisi sanitaria e della sua gestione da parte del governo PD-M5S.

Il paese si è diviso tra i canti di “Bella Ciao” al balcone, che hanno riecheggiato in tantissimi quartieri d’Italia, e gli abusi polizieschi contro coloro che tentavano di mettere in piedi azioni di “
resistenza”, anche solo di semplice commemorazione dei partigiani nei luoghi storici della Resistenza.
È sconcertante ciò che è successo a Milano. Una decina di ragazzi voleva onorare la data della liberazione attaccando uno striscione e bandiere rosse, quando
c’è stato un repentino intervento della celere, che non si è fatta scrupoli a picchiare e indagare dei ragazzi che in guanti e mascherine volevano solo onorare la Resistenza con un’azione simbolica
[video].

Ma non è certo l’unico caso rilevante: ad esempio a Napoli, poco prima della cerimonia davanti al Comune a cui partecipava il sindaco De Magistris, c’è stato un presidio promosso dai disoccupati appartenenti al movimento “7 novembre” in cui esponevano uno striscione con la scritta “Salario, reddito e tamponi per tutti. Stop ad affitti e bollette”. Il presidio è stato sgomberato con la forza e ha visto l’identificazione di tutti i partecipanti più il fermo di due compagni.
In una città in cui la disoccupazione dilaga, il lavoro nero regna e la facciata del sindaco “socialista” ha portato solo all’ulteriore smantellamento dei servizi pubblici, dalla sanità ai trasporti;
i
n una città che da un mese grida di avere fame e di star rimanendo in ginocchio avanti a questa situazione di crisi, la risposta che da lo stato sono manganelli, denunce e fermi.

Un episodio simile è successo a Roma, dove il movimento per la casa ha organizzato dei presidi che sono stati rapidamente dispersi con l’intervento della polizia. Una mobilitazione che è stata strumentalizzata dalla propaganda di Salvini e della Lega per diffamare l’opposizione sociale e l’antifascismo militante con la motivazioni che assembramenti simili sono un rischio per la salute pubblica, quando tra sette giorni si apre la fase due che, anche a detta degli esperti in campo scientifico, costituisce il vero grande pericolo di riacutizzazione della crisi.

Mentre TU devi rimanere a casa, LORO sono autorizzati a uscire!

Oggi a Tor Pignattara manifestazione autorizzata per festeggiare il 25 aprile. A quanto pare il COVID19 a loro non li contagia

Pubblicato da Lega – Salvini Premier – Roma su Sabato 25 aprile 2020

 

Queste situazioni rendono bene il quadro di un paese in cui il governo ha largamente cavalcato l’onda della crisi sanitaria per impedire azioni di dissenso e manifestazioni, e sempre più per legittimare una risposta violenta della polizia – come se arresti, denunce e sanzioni fossero una cura al coronavirus. Lo dimostra la conferma, da parte del governo, degli investimenti militari – oltre 25 miliardi di euro: fondi che ci si rifiuta di destinare alle spese sanitarie e per affrontare la crisi. Un governo che non si è preoccupato affatto di mettere in piedi un vero piano di aiuti statali alla popolazione povera, di riconversioni delle fabbriche, di distribuzioni di alimenti e di un reddito di quarantena che permettesse a tutti di affrontare un periodo così lungo senza lavoro, preoccupandosi però di avere i soldi e i mezzi per difendere la pace sociale e quindi gli interessi dei grandi capitalisti, nel momento in cui la povertà dilaga e i dissensi crescono, così come i movimenti di lotta.
Non dobbiamo lasciar passare i soprusi, gli abusi polizieschi e i decreti che limiteranno la nostra possibilità di azione e di manifestazioni: il movimento operaio non l’ha fatto nemmeno in piena crisi, con le sue lotte diffuse e lo sciopero generale del 25 marzo e quelli annunciati per il 30 aprile e primo maggio; non deve farlo in nome di una salute pubblica che è messa realmente in pericolo dalle grandi aziende e dal governo che ci obbliga ad andare a lavorare senza le dovute misure di sicurezza.
Riappropriarci dello spirito di resistenza di coloro che hanno combattuto il fascismo fino in fondo è oggi indispensabile per poter mettere in campo un programma alternativa di uscita dalla crisi, con lavoratori e lavoratrici come protagonisti e non come vittime di questo sistema, che utilizzerà tutte le armi in suo possesso per difendere i suoi interessi anche a costo della nostra libertà e delle nostre vite.

Scilla Di Pietro

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.