La corrente politica socialista russa del menscevismo si caratterizzò per il gradualismo e per la sua contrarietà alla “storica impazienza” di una rivoluzione socialista. Proponiamo, in due parti, una ricostruzione della parabola storica di questi “Girondini socialisti”.


Parte I – Parte II

 

III. Riflusso

Durante la rivoluzione, i menscevichi hanno reclutato uno strato di militanti fedeli alla causa. I loro membri salirono a 18.000 nell’aprile 1906 e a 43.000 nell’ottobre 1906. Già nel 1907, di tutti i 150.000 membri dei partiti politici russi, i menscevichi erano 38.000 rispetto ai 46.000 bolscevichi[12]. La rivoluzione aveva riunito entrambe le fazioni. Al congresso del partito del 1906 a Stoccolma fu creato – apparentemente – un partito socialdemocratico unificato.

Tuttavia, la sconfitta del 1905 fece sì che la maggior parte dei menscevichi tornasse alle posizioni precedenti. Essi credevano che le posizioni di ultrasinistra e l’avventurismo durante la rivoluzione fossero andati troppo oltre. Plechanov condannò la rivolta di Mosca: “non avrebbero dovuto prendere le armi.” Per i menscevichi, questi radicali agivano in contrasto con le leggi della storia e hanno terrorizzato la borghesia. La nuova direzione menscevica di Theodor Dan, Martov e Postresov si allontanò dalla militanza e si concentrò sul lavoro legale e sull’elezione dei rappresentanti della Duma. Facendo imbufalire Lenin, i menscevichi tolleravano anche coloro che volevano liquidare l’apparato del partito clandestino. Nonostante condividessero il nome comune di “socialdemocratici”, i menscevichi e i bolscevichi avevano idee diverse e inconciliabili sul suo significato sia nella teoria che nella pratica. Nel 1912 il POSDR si scisse formalmente nei partiti separati bolscevico e menscevico, che rappresentavano le ali giacobina e girondina della socialdemocrazia.

Quando scoppiò la prima guerra mondiale nel 1914, a differenza della maggior parte dei partiti socialisti, sia i menscevichi che i bolscevichi rimasero contrari alla guerra. Plechanov sostenne lo sforzo bellico, ma si alienò dalla maggior parte degli altri socialisti. I menscevichi si opposero quando i bolscevichi ampliarono la loro piattaforma antiguerra esigendo una rottura con i socialisti favorevoli alla guerra, la creazione di una nuova internazionale rivoluzionaria e la trasformazione della guerra mondiale in una guerra civile. Il gruppo di Martov credeva che fosse necessario lavorare per la pace, ma non avrebbe scisso l’Internazionale né avrebbe sostenuto la guerra civile.

 

IV. 1917

Dopo tre anni di guerra e di miseria, i lavoratori russi ne avevano abbastanza. Nel febbraio 1917, una semplice manifestazione per il pane a Pietrogrado prese una vita propria e rovesciò lo zar. Fu istituito un nuovo governo provvisorio a guida borghese per determinare il futuro della Russia. Il 27 febbraio, i menscevichi organizzarono nella capitale un nuovo soviet dei lavoratori. Una situazione insostenibile di doppio potere emerse rapidamente in tutta la Russia. I dirigenti sovietici menscevichi, fedeli alla loro “ortodossia” marxista, dissero che i lavoratori avrebbero dovuto sostenere il governo provvisorio guidato dai borghesi, credendo che la Russia stesse attraversando lo stesso tipo di rivoluzione della Francia nel 1789: “Noi distruggiamo i bastioni dell’autorità politica, ma le basi del capitalismo rimangono al loro posto. Una battaglia su due fronti – contro lo zar e contro il capitale – va oltre le forze del proletariato”[13].

Tuttavia, la Russia nel 1917 non era la Francia nel 1789. La Francia era una società emergente dal feudalesimo in cui era maturata la moderna società borghese; la rivoluzione era necessaria per mettere da parte il peso morto dell’ancien régime e facilitare la crescita del capitalismo. La Russia, invece, non era solo feudale, ma anche capitalista, con una classe operaia combattiva che non si sarebbe fermata a una rivoluzione borghese. Inoltre, le due rivoluzioni hanno mostrato la necessità di partiti e di una direzione risoluta per raggiungere i loro obiettivi: i giacobini e i bolscevichi. I giacobini erano il partito della borghesia radicale sostenuta dalle masse urbane, determinate e disposte a difendere con tutti i mezzi a loro disposizione le conquiste della Rivoluzione francese. I bolscevichi mostravano una determinazione simile a quella dei loro predecessori rivoluzionari, ma erano il partito della classe operaia e dei contadini che lottava per una rivoluzione socialista internazionale.

Il pensiero menscevico rimaneva confuso e diviso, senza un programma chiaro per affrontare la vasta crisi sociale e politica che attanagliava la Russia. Credevano che una rivoluzione socialista fosse destinata a fallire e ad essere affogata nel sangue. I contadini avrebbero dovuto aspettare un’Assemblea Costituente e non espropriare la terra. Mentre i menscevichi chiedevano la pace, molti fra i loro ranghi credevano che con la scomparsa dello zar avrebbero dovuto sostenere lo sforzo bellico. La logica della posizione dei menscevichi li ha spinti ad entrare in una serie di governi di coalizione con i liberali e ad assumersi la responsabilità della guerra. Come nel 1905, la borghesia non aveva alcuna intenzione di svolgere un ruolo rivoluzionario. Nonostante i 200.000 membri dell’agosto 1917, i menscevichi sono rimasti un insieme sciolto di gruppi senza una vera struttura, una disciplina o un’unità [14], che andavano dai difensori del Governo Provvisorio, come Irakli Tsereteli e Nikolay Chkheidze, agli oppositori internazionalisti contro la guerra come Martov. Martov si batteva duramente perché i menscevici rompessero con i liberali, ma i suoi sforzi non portarono a nulla.

Lo storico menscevico Nikolai Suchanov spiegò così il fallimento dei più coerenti tra i suoi compagni durante il momento rivoluzionario del 1917:

Non ci siamo fusi con [le masse rivoluzionarie] perché una serie di caratteristiche della positiva forza creativa del bolscevismo, così come i suoi metodi di agitazione, ci hanno rivelato il suo futuro volto odioso. Si basava su una sfrenata esplosione elementare sfrenata, anarchica, piccoloborghese, che fu soffocata dal bolscevismo solo quando ancora una volta non fu seguita dalle masse. Noi avevamo paura di questa esplosione elementale[15].

Durante la luna di miele della rivoluzione, le differenze tra bolscevismo e menscevismo si offuscarono nuovamente. In alcune parti della Russia, la POSDR si scisse solo dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Anche il bolscevismo conteneva i suoi girondini. A marzo i leader bolscevichi del partito di Pietrogrado, Josif Stalin e Lev Kamenev, chiesero di sostenere il governo provvisorio e non scartavano una riunione con i menscevichi.

Dopo il ritorno di Lenin in Russia in aprile, questi tentativi di unità si conclusero: chiedeva una rivoluzione socialista e il trasferimento del potere ai sovietici. Suchanov ha descritto la reazione dei menscevichi ortodossi alle idee di Lenin:

Di come… la sua intera concezione doveva essere riconciliata con le concezioni elementari del marxismo (l’unica cosa da cui Lenin non si dissociava nel suo discorso) – non fu detta una sillaba. Lenin ignorò tutto ciò che toccava quello che fino ad allora era stato chiamato socialismo scientifico tanto completamente quanto distruggeva le fondamenta dell’attuale programma e tattica socialdemocratica[16].

I menscevichi vedevano le Tesi d’Aprile di Lenin non come marxismo, ma come blanquismo o anarchismo. Si aspettavano che cadesse nell’irrilevanza con queste “idee folli”. Lenin riuscì a convincere i bolscevichi della sua posizione e a rimetterli sulla strada della rivoluzione. In breve tempo, il popolo identificò i bolscevichi come campioni del potere sovietico, “pace, terra e pane”. Suchanov descrive il risultato: “Sì, i bolscevichi lavoravano ostinatamente e senza sosta. Erano tra le masse, tra le linee delle fabbriche, ogni giorno senza sosta. Decine di oratori, grandi e piccoli, parlavano a Pietroburgo, nelle fabbriche e nelle caserme, ogni benedetto giorno. Le masse non li distinguevano ormai da sé stesse, perché erano sempre presenti, prendendo l’iniziativa nei dettagli così come negli affari più importanti della fabbrica o della caserma… La massa viveva e respirava insieme ai bolscevichi. Era nelle mani del partito di Lenin e di Trotsky”[17]. Al contrario, i menscevichi avevano lottato per salvare l’impopolare Governo Provvisorio mentre il loro sostegno si scioglieva come neve al sole.

In ottobre, dopo che i bolscevichi ebbero preso il potere, Martov condannò la rivoluzione come un colpo di Stato e contro la volontà del popolo. Trotsky, ora un bolscevico di spicco, risponde all’accusa di Martov:

L’ascesa delle masse popolari non ha bisogno di giustificazioni… Le masse popolari hanno seguito la nostra bandiera e la nostra insurrezione è stata vittoriosa. E ora ci viene detto: rinunciate alla vostra vittoria, fate concessioni, scendete a compromessi. Con chi? Io chiedo: con chi dobbiamo scendere a compromessi? Con quei miserabili gruppi che ci hanno abbandonato o che fanno questa proposta?… No, qui nessun compromesso è possibile. A quelli che ci hanno lasciato e a quelli che ci dicono di farlo dobbiamo dire: siete dei miserabili bancarottieri, il vostro ruolo è esaurito: andate dove dovreste essere: nella pattumiera della storia![18]

Il gruppo di Martov si allontanò dalla rivoluzione. Proprio in quel periodo, un giovane bolscevico affermò: “E noi avevamo pensato che Martov almeno sarebbe rimasto con noi”[19]. Martov credeva che fosse meglio per i menscevichi “lavarsene le mani” di tutta la rivoluzione e opporsi sia ai bolscevichi che alla borghesia. Fu una scelta che confermò che Martov si era veramente guadagnato il soprannome di “Amleto della socialdemocrazia”.

 

V. Sconfitta

Dopo il 1917, i menscevichi persero il contatto con lo stato d’animo della popolazione, e ottennero un risultato misero alle elezioni per l’Assemblea costituente del 1918. Tuttavia, quando iniziò la guerra civile, i menscevichi furono costretti a scegliere da che parte stare. I menscevichi di destra si opposero ai bolscevichi, soprattutto attraverso manovre burocratiche, ma alcuni si unirono agli eserciti bianchi guidati da Kaledin o ad altri movimenti antibolscevichi come il governo provvisorio della Siberia autonoma. Gli internazionalisti di Martov offrirono un sostegno critico all’Armata Rossa durante la guerra civile, ma denunciarono la persecuzione degli oppositori del governo sovietico. Nel luglio 1918 i menscevichi furono esclusi dai soviet, ma reintegrati successivamente, per poi essere banditi dopo la fine della guerra civile. L’unico luogo dove il menscevismo ebbe successo è stato in Georgia, dove amministrarono lo Stato capitalista con il sostegno dell’imperialismo dal 1918 al 1921, quando furono rovesciati dall’Armata Rossa. I menscevichi sopravvissuti passarono i loro giorni in esilio, la maggior parte di loro deprecando la rivoluzione che avevano abbandonato. La loro intransigente fedeltà all’ortodossia significava che avevano tradito lo spirito rivoluzionario del marxismo ed erano, alla fine, adatti solo per il ruolo di girondini di seconda categoria nel 1917.

 

Doug Greene

Traduzione da Left Voice

Note

12. Tony Cliff, Lenin: Lenin. Volume One: Building the Party (1893-1914), Marxists Internet Archive.

13. Citato in David Mandel, The Petrograd Workers and the Fall of the Old Regime (New York: St. Martin’s Press, 1984), p. 86.

14. Leopold Haimson, ed.,The Mensheviks: From the Revolution of 1917 to the Second World War (Chicago: University of Chicago Press, 1974), p. 389.

15. Nikolaj Suchanov, The Russian Revolution 1917: A Personal Record (Princeton: Princeton University Press, 1984), p. 530.

16. Ibidem, p. 284-5.

17. Cit. in ibid., p. 529.

18. Cit. in ibid. pp. 639-640.

19. Orlando Figes, A People’s Tragedy: The Russian Revolution, 1891-1924 (New York: Penguin Books, 1996), p. 491.

Doug è uno storico indipendente comunista, autore di "Communist Insurgent: Blanqui's Politics of Revolution" e di una biografia (prossimamente in pubblicazione) sul fondatore dei DSA Michael Harrington.