Dichiarazione della corrente femminista rivoluzionaria “Il pane e le rose” in occasione della giornata contro la violenza machista.


Dall’inizio del 2020, secondo i dati registrati fino ad ora, sono state 91 le donne uccise dalla violenza machista in Italia. In regime di quarantena, in 4 casi su 5, l’assassino è un uomo convivente della vittima.

Lottare contro la violenza machista e il femminicidio è lottare contro l’ultimo anello di un’intera catena di violenza che la stragrande maggioranza delle donne, delle lavoratrici, delle migranti e delle giovani sta vivendo di fronte alla crisi attuale. La nostra lotta contro la violenza e le uccisioni maschiliste è strettamente legata alla lotta contro la violenza della precarietà, dello sfruttamento subito dalle lavoratrici domestiche e dei servizi alberghieri (quasi sempre lavoratrici senza regolare contratto) che durante la crisi pandemica hanno subito licenziamenti di massa, totalmente invisibilizzate dalle politiche di aiuto del governo. O la violenza del razzismo istituzionale e patriarcale subita dalle lavoratrici stagionali, che per la maggioranza sono donne migranti.

Le politiche di contenimento del contagio che, per la maggior parte del tempo dall’inizio della pandemia, hanno previsto la chiusura delle scuole e un incremento dello smart working, hanno generato conseguenze devastanti per l’occupazione femminile. Dovendo scegliere tra la cura dei figli (di cui lo Stato si è ancora una volta disinteressato) o continuare il proprio lavoro da casa, migliaia di donne si sono trovate costrette ad un continuo ricatto che, quando questo non ha determinato il licenziamento, ha sicuramente determinato una crescente precarizzazione delle condizioni di lavoro oltre ad una diminuzione del salario, in una enorme quantità di casi.

L’aumento della disoccupazione, dunque, si distingue nei settori ad alta femminilizzazione dell’occupazione, come i servizi alberghieri, le attività di ristorazione, bar, locali notturni, attività commerciali: tutte attività in cui, con contratti estremamente precari o come lavoratrici a nero, le donne occupano un’enorme fetta del mercato. Ma le donne sono in maggioranza anche nei settori lavorativi “essenziali”: è per la maggior parte composto da donne donne il personale ausiliario ed infermieristico che negli ospedali combatte l’epidemia, così come il personale addetto alle pulizie e alla ristorazione nelle strutture di assistenza. Senza considerare il settore della distribuzione alimentare. Ma sono proprio questi i settori maggiormente precarizzati in questi mesi e in cui i diritti delle lavoratrici sono stati più volte calpestati, lasciando le donne esposte al contagio e all’ulteriore sfruttamento.

La violenza economica strutturale, che soprattutto le donne della classe operaia subiscono, generata dalla disoccupazione e dalla precarietà lavorativa di milioni di donne, rende possibile e rafforza la dipendenza economica di queste ultime all’interno della famiglia patriarcale. È in questi contesti di povertà e precarietà che le donne, che vivono relazioni abusive e violenza domestica, non hanno altra alternativa se non quella di continuare a sopportarle, prive di alternative lavorative come di un posto sicuro dove vivere, portando a situazioni che spesso si concludono con il femminicidio.

Se le cause della violenza machista sono strutturali, è ovvio che non sarà possibile eliminarle solo dando la possibilità individuale alle vittime di denunciare quanto piuttosto è necessario affrontare il sistema patriarcale e capitalista minandone le radici.

In un paese come l’Italia, che ad oggi rappresenta il principale approdo per i migranti del Mediterraneo, non si può non considerare la violenza di una tradizione politica di decreti atti a criminalizzare gli stranieri che vedono solo la loro conclusione sono culminati nelle leggi-sicurezza di Salvini. nei decreti sicurezza e nella Un’opera continuata, con il nuovo asse di governo PD-M5S-LeU, dalla riforma caporalesca della ministra Lamorgese che non consente altro beneficio ai lavoratori e alle lavoratrici migranti che subire in silenzio lo sfruttamento lavorativo, se vogliono rimanere per sopravvivere in questo paese. Anche in questo caso, le donne rappresentano la categoria più vessata e sfruttata che deve subire, troppo spesso, un contorno di abusi sessuali e di ricatto.

Non si può fermare la violenza economica senza l’abrogazione delle leggi sulle migrazioni e le riforme sul mondo del lavoro che legalizzano precarietà e sfruttamento.

Di fronte alla disoccupazione crescente, è fondamentale ripartire fra tutti e tutte il lavoro, con una drastica riduzione dell’orario di lavoro e liberare le lavoratrici migranti dalle leggi reazionarie che impediscono loro di godere dei diritti fondamentali.

Mancano sempre i soldi per le politiche di emancipazione delle donne: è per questo che anche il movimento delle donne deve rivendicare, in questa grave situazione di crisi pandemica ed economica, un’imposta patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco della popolazione. Le donne lavoratrici, doppiamente sfruttate e oppresse, hanno tutto il diritto di riprendere la ricchezza che loro stesse producono da chi ogni giorno gliela estorce col ricatto del lavoro salariato.

Scendiamo in strada per chiedere l’attuazione delle reali misure necessarie contro la violenza machista, fondamentali per prevenire i femminicidi: pretendiamo l’ esproprio degli immobili inutilizzati per trasformarli in case-rifugio per le donne e i loro figli vittime di violenza e per tutt* quell* che vivono violenza patriarcale tra le mura domestiche. Vogliamo che i percorsi di fuoriuscita dalla violenza siano garantiti dallo Stato e sotto l’autogestione delle organizzazioni di donne e lavoratrici, con assistenza professionale garantita e senza l’intervento di polizia e magistratura.

Promuoviamo la creazione di commissioni di donne e persone LGBTQIA+ nei luoghi di lavoro, nelle università e nelle scuole, all’interno dei sindacati, indipendenti dai datori di lavoro e dagli organi direttivi, per affrontare i casi di molestie sessuali, di discriminazione e per esigere i sussidi necessari per le lavoratrici in situazioni di violenza.

Vogliamo l’effettiva separazione tra Chiesa e Stato, rompendo il Concordato e azzerando i sussidi e i vantaggi fiscali per la Chiesa cattolica: vogliamo piani di educazione sessuale inclusiva e non moralista per decidere della nostra sessualità liberamente, contraccettivi gratuiti per proteggerci e scegliere sulle nostre vite e aborto legale, sicuro e gratuito, per tutte le donne e i corpi gestanti.

Contro la patologizzazione delle identità trans*! Esigiamo che l’identità di genere di tutt* sia rispettata nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro.

Basta con la criminalizzazione e la stigmatizzazione delle sex workers e per il riconoscimento del loro diritto all’auto-organizzazione.
Esigiamo alloggio e lavoro garantiti dallo Stato per l* prostitut* che cercano un’occupazione alternativa.

Come Il pane e le rose, ci uniamo alle azioni di questo 25N, per far sentire forte e chiaro le nostre richieste, e per affermare che è necessario per noi organizzarci per combattere, insieme a tutti gli oppressi e gli sfruttati, contro questo sistema capitalista e patriarcale.

Siamo essenziali nei compiti di assistenza, salute ed educazione, e siamo in prima linea nella lotta contro la violenza machista, la precarietà e lo sfruttamento!

Ci hanno voluto doppiamente sfruttate, ci avranno doppiamente combattive!

 

Il pane e le rose

"Il pane e le rose" nasce nel 2019 e riunisce militanti della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) e indipendenti che aderiscono alla corrente femminista socialista internazionale "Pan y Rosas", presente in molti paesi in Europa e nelle Americhe