Il lunghissimo cammino delle donne argentine, cominciato già prima della dichiarazione dell’Articolo 86 del Codice Penale del 1921 (la prima forma di decriminalizzazione parziale dell’interruzione volontaria di gravidanza), e continuato attraverso i terrificanti momenti di dittatura e crisi economica, oggi raggiunge un momento di svolta decisivo: dopo le dichiarazioni di voto dei senatori, il voto è andato in favore della proposta di legge per l’aborto legale avanzata dalla maggioranza di governo, con 38 voti a favore e 29 contrari. Una conquista fragile, da difendere a tutti i costi, ma ciononostante fondamentale, e per la quale vale la pena di essere felici, in ogni angolo del mondo.
Sembra che ora, dopo il lunghissimo intervento di Alberto Weretilneck (uno dei senatori indecisi), durante i procedimenti per il voto senatoriale in Argentina sulla proposta di legge del governo di Alberto Fernandez sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza (comunque un arretramento rispetto alla proposta originale formulata dalla Campagna Nazionale per il Diritto all’Aborto, rigettata nel 2018 sempre dal Senato), un intervento che si è chiuso con una dichiarazione di voto favorevole, così come quello degli altri suoi colleghi in dubbio fino a pochi giorni fa, lo possiamo finalmente dire: ¡ES LEY!
Una lunghissima sessione apertasi alle 16 e ancora non realmente terminata sembra aver preso la piega più sperata dalle migliaia di persone in attesa nella piazza davanti al Congresso, che già da ore prima dell’avvio del dibattito erano scese nelle strade, come fanno da anni (da decenni!), in nome dell’accesso libero, sicuro e gratuito all’aborto, e in nome di tutte quelle donne che hanno sofferto lo stigma sociale, la violenza, la criminalizzazione, la malattia e spesso la morte, per aver tentato di accedere all’aborto, in maniera clandestina, in condizioni sanitarie terrificanti; quel settore verde che ha preso il nome dal famoso “pañuelo”, il fazzoletto simbolo della loro lotta, venuto in essere durante il diciassettesimo Encuentro Nacionàl de Mujeres, scelto per rappresentare quella che sarebbe diventata la Campagna Nazionale per il Diritto all’Aborto Legale, Sicuro e Gratuito, e che avrebbe costituito un simbolo capace di galvanizzare gli immaginari di movimenti transfemministi in tutto il mondo, attraverso la determinazione di attivist* capaci di sopportare il peso di sconfitte e prese in giro, per arrivare a un risultato storico nella giornata di oggi, trenta Dicembre.
Assieme al pañuelo verde, in piazza, vediamo anche un fazzoletto arancione, simbolo di una lotta che, a suo modo, include e si lega inestricabilmente alla lotta per il diritto all’aborto, specie in un paese come l’Argentina: quella per la separazione definitiva tra Stato e Chiesa, che bersaglia i legami profondissimi tra le istituzioni argentine e la Chiesa Cattolica, che fin da prima della dittatura militare tiene una mano oscura sopra ad ogni affare che si svolga fin nei livelli più basilari della vita pubblica (e privata) della nazione. Un rapporto malato, che ha visto due colossi sorreggersi a vicenda, “in salute e in malattia”, qualora ce ne fosse bisogno: un rapporto malato, che, oggi, viene messo totalmente in crisi, anche e soprattutto (specificamente) per il voto a favore della proposta di legge da parte di alcuni senatori e senatrici del Frente de Todos (raggruppamento partitico di governo, di stampo kirchnerista e peronista), così come della coalizione principale dell’opposizione, ovvero Juntos por el Cambio (composta da partiti di centrodestra facenti capo all’ex presidente Mauricio Macri, tra i quali i Radicali, formazione storica della politica argentina, connessa su più livelli con attori importanti dello scacchiere politico ed economico della borghesia nazionale); questo voto arriva a un prezzo preoccupante, un prezzo che potrebbe diventare sempre più salato man mano che passa sempre più tempo dall’approvazione della legge.
La legge votata oggi è il prodotto, oltre che del dolorosissimo rigetto della proposta ufficiale dei movimenti per il diritto all’aborto avvenuto nel 2018, di una serie di contrattazioni svolte tra il presidente Alberto Fernandez e diversi deputati e senatori nel corso degli scorsi mesi, dove, per “addolcire” il boccone, si è deciso di introdurre, tra le altre, la clausola infame dell’obiezione di coscienza, e, per convincer gente come Alberto Wretilneck o il suo collega del Frente, Edgardo Kueider, entrambi indecisi, si è lasciata aperta la possibilità di modificare la legge dopo l’approvazione nelle stanze congressuali. Per questo motivo, possiamo aspettarci che il movimento femminista argentino dovrà continuare a lottare duramente contro la sua borghesia nazionale anche su questo fronte, per mantenere le conquiste fondamentali che ha ottenuto nelle strade del paese (e non, come vorrebbe vendere qualcuno, nelle stanze della politica istituzionale), e per garantire accesso realmente libero, sicuro e gratuito all’aborto, senza magheggi per spingere più a fondo le divisioni di classe nell’accedere alle cure, senza catene legali per complicare in maniera spropositata procedure che dovrebbero essere semplici, quasi quotidiane, senza giochi sporchi che contribuiscono solo a mettere in pericolo milioni di donne.
Come La Voce delle Lotte, Frazione Internazionalista Rivoluzionaria e Pan Y Rosas Italia, il nostro pensiero non può che ovviamente andare subito ai compagni e alle compagne di Pan Y Rosas in Argentina e nel Partido de Los Trabajadores Socialistas, in prima linea durante tutto il processo che ha portato a questo momento: nelle assemblee, come quando, dopo l’Encuentro del 2003, PyR è nata come formazione anticapitalista e antipatriarcale; nelle strade, durante le proteste di piazza dei pañuelos verdes e di Ni Una Menos; e alla Camera dei Deputati, dove il PTS è stato l’unico partito a schierarsi “verde al 100%!”, al momento del voto di poche settimane fa. Pensiamo anche ai nostri compagni della Frazione Trotskista nel resto del Sudamerica, alla loro attività e all’entusiasmo che stanno vivendo in questo momento, con gli effetti di questo voto che, probabilmente, si sentiranno appieno già nei prossimi giorni in tutto il continente: a loro l’augurio di continuare con rinnovata convinzione nella lotta, nella consapevolezza che la lotta conquista i bisogni e i desideri che possono apparire più inarrivabili.
Luca Gieri
Nato a Toronto nel 1998, studente di scienze politiche all'Università di Bologna presso il campus di Forlì, militante della FIR e redattore della Voce delle Lotte. Cresciuto a Bologna, ha partecipato ai movimenti degli studenti e di lotta per la casa della città.