TNT-Fedex ha annunciato la chiusura del suo hub a Piacenza, dove la lotta sindacale ha subito da poco un forte attacco giudiziario. L’ultimo di tanti attacchi dell’azienda contro le rivendicazioni dei suoi operai: respingiamolo uniti!


Questa settimana porta la notizia decisamente preoccupante della dismissione dell’appalto di FedEx TNT da Piacenza, pochi giorni dopo la liberazione dei sindacalisti del SI Cobas messi agli arresti domiciliari e la firma di un accordo in prefettura volto proprio a negare questa eventualità.

Preoccupante, scriviamo, ma di certo non del tutto inaspettata: gli organizzatori e i lavoratori del SI Cobas denunciavano già da tempo l’intenzione dell’azienda a procedere in questa direzione. La comunicazione di FedEx portata anche davanti a regione, comune e prefettura afferma che <<nell’ambito di una riprogettazione della rete, le operazioni di handling presso l’hub di Piacenza non sono più necessarie e le operazioni del sito verranno interrotte con effetto immediato>>, senza curarsi minimamente anche dell’ultimo accordo sindacale siglato solo poche settimane fa con la stessa organizzazione sindacale, davanti alla stessa prefettura, che rassicurava riguardo il mantenimento dei livelli occupazionali nella città emiliana.

Dietro queste poche righe si nasconde tutta la ferocia padronale disposta a sacrificare centinaia di famiglie di lavoratori, perché in questo momento non si ha notizia di che fine faranno gli operai impiegati nel sito, in piena terza ondata di coronavirus. Si parla della costruzione di un nuovo hub a Novara, quindi nemmeno tentando di nascondere questo atto con una poco probabile “crisi” della seconda azienda di movimentazione merci al mondo, si parla quindi, nel migliore dei casi, di una ristrutturazione per massimizzare il profitto privato a scapito di centinaia di lavoratori e lavoratrici fra diretti e indiretti e del tessuto industriale piacentino.

Ma non finisce qui: nelle altre città (fra le quali Milano, Roma, Napoli e altre ancora) la multinazionale ha già annunciato l’internalizzazione di 800 addetti. Questa notizia, che normalmente dovrebbe essere una buona notizia, assume contorni sinistri in Italia dove il numero di lavoratori sia driver che magazzinieri assunti con società interinali o srl e cooperative esterne di fornitori è letteralmente enorme, molto al di sopra delle 800 internalizzazioni dichiarate. Che fine faranno i lavoratori e le lavoratrici che non faranno parte dell’internalizzazione? Se ci saranno delle decisioni da prendere con quale criterio si sceglierà chi deve accedere all’internalizzazione?

Il lungo sentiero di guerra della FedEx TNT verso i lavoratori è iniziato ormai da tempo e si è approfondito nel corso del tempo di pari passo con l’entrata in scena sempre più profonda del managment FedEx rispetto a quello TNT. Inizialmente l’azienda multinazionale è uscita dall’associazione padronale Fedit, associazione con cui discutono le sigle sindacali da anni e con cui si sono firmati tutti gli accordi quadro nazionali che hanno alzato i livelli salariali, imposto il CCNL della logistica e trasporto merci (dove prima regnavano CCNL peggiorativi e lavoro nero) e imposto miglioramenti sostanziali come i buoni pasto, gli scatti di livello per anzianità, giorni in più di ferie e permessi.

Un anno fa la FedEx ha colpito per la prima volta in forze il sito internazionale di Milano, anche in quel caso a spregio degli accordi sindacali presi con le rappresentanze dei lavoratori, licenziando 60 lavoratori interinali, la cui lotta riuscì a strappare buonuscite notevoli a costo di una inaudita repressione portata avanti oltre che con le forze messe a disposizione dallo Stato anche con l’utilizzo guardie private.

Oggi la guerra di FedEx si sposta quindi a Piacenza, un centro di smistamento fino a poco tempo fa centrale per l’azienda e davvero risulta difficile pensare che in questa manovra non ci sia anche la volontà dei padroni americani di infliggere un altro colpo alle organizzazioni sindacali combattive che tanto hanno ottenuto negli ultimi anni. Un altro obiettivo abbastanza evidente che sta provando a raggiungere l’azienda è il raggiungimento di quello che potremmo definire come “modello Amazon” (pochi lavoratori interni, molti lavoratori interinali, molta precarietà, totale rigetto di ogni tipo di contrattazione sindacale) proprio mentre i lavoratori nella prima azienda multinazionale di trasporto merci al mondo lo stanno mettendo in discussione con scioperi e mobilitazioni.

Il SI Cobas e gli operai TNT-Fedex hanno già promesso battaglia in tutta Italia: sarà necessaria la maggiore unità e convergenza possibile a difesa del posto di lavoro di centinaia di lavoratori e lavoratrici, ma anche per dire alle multinazionali della logistica, da FedEx ad Amazon, che il loro modello produttivo basato esclusivamente sullo sfruttamento più brutale e sulla fedeltà incondizionata all’azienda non può e non deve passare.

Se per una multinazionale che fattura miliardi di euro l’anno è normale licenziare centinaia di lavoratori in un colpo, per tutti i lavoratori della logistica deve essere doveroso opporsi a questo macello sociale.

Lottare e vincere contro i grandi capitalisti della logistica, in TNT come in Amazon, può aprire la via a una più larga unità di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici.

Il posto di lavoro non si tocca!

Respingiamo uniti gli attacchi delle aziende!

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