Se la sera del 15 novembre sembrava l’inizio della Terza Guerra Mondiale, la mattina del 16 novembre assomigliava più alla prima crisi della coppia Zelensky-NATO. L’Occidente utilizzerà l’incidente polacco per spingere i negoziati di pace tra Russia e Ucraina?

La settimana scorsa le forze ucraine hanno ripreso Kherson dopo il ritiro ordinato dell’esercito russo sulla riva destra del fiume Dnieper. Si tratta in buona sostanza di un’ammissione di debolezza da parte della Russia: il suo esercito non è più in grado di avanzare a sud-ovest verso Odessa e privare così l’Ucraina dell’accesso al Mar Nero. Ma l’esercito ucraino può spingersi oltre? In ogni caso, gli alleati imperialisti occidentali non la pensano così: il Capo di Stato Maggiore nordamericano, Mark Milley, ha dichiarato mercoledì scorso che le possibilità che l’Ucraina espella totalmente la Russia dal suo territorio sono molto basse. Egli ha inoltre affermato che la Russia non è in grado di sconfiggere militarmente l’Ucraina. In altre parole, è il momento di aprire i negoziati. Il missile caduto in Polonia, che ha ucciso due civili mercoledì sera, sembra aumentare la pressione su Kiev affinché si impegni in questo sento. In effetti, il missile è stato probabilmente lanciato dalla difesa aerea ucraina nel tentativo di intercettare un missile russo.

La guerra in Ucraina ha già indebolito notevolmente la Russia dal punto di vista economico, militare e geopolitico. Questo risultato è uno sviluppo molto positivo per gli interessi dell’imperialismo nordamericano, che considera la Russia e la Cina i suoi principali rivali e una minaccia all’ordine mondiale dominato dagli Stati Uniti. In effetti, Washington sta usando la guerra in Ucraina contro l’aggressione russa come una sorta di “guerra per procura” contro Mosca e, per estensione, anche contro Pechino. Tuttavia, nessun leader serio delle potenze imperialiste vuole rischiare un confronto diretto con la Russia, la quale rischierebbe anche di scatenare una guerra nucleare. A queste considerazioni va aggiunto che la guerra sta peggiorando la situazione economica internazionale, a partire dall’Unione Europea (UE).

È quindi in questo contesto che i funzionari di varie potenze imperialiste e soprattutto degli Stati Uniti hanno iniziato a suggerire pubblicamente all’Ucraina di avviare negoziati di pace con la Russia da un lato e di incontrare gli stessi leader russi dall’altro. Il 14 novembre, il direttore della CIA William Burns ha incontrato il suo omologo russo Sergei Naryshkin a Istanbul. Non è un caso che questo incontro abbia avuto luogo in Turchia: Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, è stato al centro dell’accordo sull’esportazione di granaglie ucraine e si è offerto di mediare tra i due Paesi (il che illustra l’importanza geopolitica che la Turchia sta acquisendo).

L’incidente del missile di fabbricazione russa caduto in Polonia, membro della NATO, sembra rappresentare un punto di svolta della situazione. Mercoledì sera, il mondo pareva essere sull’orlo di un possibile confronto diretto tra la NATO e la Russia, poiché l’incertezza sulla responsabilità diretta di Mosca nel lancio del missile è stata aggravata dagli appelli irresponsabili dei commentatori più bellicosi e dei leader filo-occidentali per un intervento contro Mosca. E questo senza nemmeno avere dati chiari su quanto accaduto al confine polacco. In seguito, tutte le indicazioni segnalavano come il missile fosse stato lanciato dal sistema di difesa aerea ucraino. Tuttavia, nonostante diversi leader occidentali e persino funzionari polacchi abbiano rilasciato dichiarazioni in tal senso, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di mantenere la sua posizione denunciando un attacco deliberato da parte della Russia.

L’atteggiamento di Zelensky ha irritato diversi leader occidentali. Un diplomatico della NATO ha dichiarato al Financial Times la sua insoddisfazione per l’atteggiamento ucraino: “Sta diventando ridicolo. Gli ucraini stanno distruggendo la [nostra] fiducia in loro. Nessuno incolpa l’Ucraina e loro mentono apertamente. Questo è più distruttivo del missile. Il Wall Street Journal riporta anche che nessuno sta incolpando l’Ucraina e quindi non c’è bisogno di mentire. Si legge: “L’Ucraina si è difesa, come è ovvio e comprensibile, sparando missili il cui compito era quello di abbattere i missili russi”, ha dichiarato mercoledì il presidente polacco Andrzej Duda. (…) Duda ha parlato dell’incidente con il Presidente Biden e il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg. Il Gruppo delle Sette economie avanzate ha rilasciato una dichiarazione che offre sostegno alla Polonia e condanna gli attacchi della Russia contro obiettivi civili in Ucraina.

Non si tratta semplicemente di un caso in cui Zelensky ha forzato troppo la mano ai suoi alleati per aumentare la pressione sulla Russia. Si può dedurre che l’obiettivo di Zelensky sia quello di enfatizzare la minaccia russa di fronte agli Stati membri della NATO per ottenere più armi e sostegno per continuare l’offensiva del suo esercito e rimandare il momento del negoziato. Infatti, anche se Zelensky parla in modo “duro”, è aperto a negoziati di pace con la Russia, a un certo punto. Il risultato, però, potrebbe essere opposto: irritato dall’atteggiamento di Zelensky, l’Occidente potrebbe esercitare pressioni su di lui affinché avvii una qualche forma di dialogo con Mosca.

Tuttavia, nel “campo occidentale” ci sono ancora posizioni diverse riguardo a una soluzione diplomatica. Così, in un articolo piuttosto “bellicoso”, The Economist, che comunque non esclude la prospettiva di trattative, spiega che “la porta di un futuro accordo diplomatico, quando l’Ucraina e la Russia saranno pronte, deve essere lasciata aperta”. Ma un cessate il fuoco ora sarebbe profondamente svantaggioso per l’Ucraina, arrestando il suo slancio e dando alla Russia un po’ di respiro per rifornire il suo arsenale e preparare un nuovo esercito. Non è il momento di rilassarsi, spiega il giornale britannico in mano alla famiglia Agnelli-Elkann. Un articolo del sito editoriale democratico Project Syndicate sottolinea invece le divisioni in “Occidente” sulla questione dell’accordo di pace. Si legge: “A lungo termine, i dibattiti su come definire una vittoria ucraina potrebbero creare nuove tensioni. Mentre l’amministrazione Biden, la Francia e la Germania affermano che i negoziati di pace saranno prima o poi necessari, la Polonia e gli Stati baltici hanno chiarito di voler vedere la Russia umiliata. Nel frattempo, Trump si è incaricato di mediare un accordo tra Russia e Ucraina.

Sebbene per molti di questi “falchi” un accordo diplomatico in questo momento significherebbe concedere alla Russia una pausa che utilizzerebbe per preparare una nuova offensiva, anche l’Ucraina beneficerebbe di una pausa nel conflitto, tra l’altro per riorganizzarsi militarmente ed economicamente. In effetti, la situazione economica del Paese è più che delicata. Scrive l’analista Uwe Parpart su Asia Times: “l’Ucraina afferma che la sua produzione economica è diminuita del 35% su base annua. Questo è lontano dalla verità. Il Paese non ha né la manodopera né il capitale per sostenersi a qualsiasi livello. Dipende interamente dalle donazioni straniere per combattere la guerra in corso e per nutrire e vestire la sua popolazione in diminuzione. L’Europa occidentale, nel frattempo, ha raggiunto i limiti della sua capacità di far fronte all’afflusso di rifugiati ucraini”.

In altre parole, l’Ucraina che uscirà dalla guerra sarà un Paese totalmente dipendente e in balia dei disegni geopolitici e militari delle potenze occidentali, a partire dagli Stati Uniti. Inoltre, questa Ucraina sarebbe un Paese ultra-militarizzato, armato fino ai denti dalle potenze imperialiste occidentali, e la regione diventerebbe una zona altamente pericolosa. Ma questi finanziamenti sarebbero sempre più condizionati a una maggiore sottomissione politica, economica, militare e geopolitica. Ovvero la totale vassallizzazione dell’Ucraina da parte degli imperialisti occidentali.

Un altro elemento che sta diventando sempre più preoccupante per gli alleati occidentali dell’Ucraina è la fornitura di armi. Gli esperti di difesa Jack Detsch e Amy Mackinnon hanno scritto questa settimana un articolo su Foreign Policy in cui affermano quanto segue: “In una guerra totale di artiglieria con i russi che dura da quando il Cremlino ha dichiarato un’offensiva nella regione del Donbass in aprile, l’Ucraina ha quasi esaurito la sua artiglieria di standard sovietico, che rappresenta circa il 60% del suo arsenale, costringendo Kiev a fare maggiore affidamento sull’artiglieria di standard NATO che non può essere prodotta abbastanza rapidamente per sostenere la lotta. (…) L’Ucraina è stata anche messa alla prova dalla portata dell’offensiva, che ha allungato le linee del fronte, hanno detto i funzionari. Sebbene il Paese dilaniato dalla guerra disponga di munizioni e attrezzature sufficienti a sostenere i combattimenti nella regione orientale del Donbass e in quella meridionale di Mykolaiv, un altro attacco russo nel nord potrebbe allungare le linee di rifornimento”.

Più in generale, anche in caso di vittoria ucraina, o addirittura di caduta del regime di Putin, il “problema russo” non scomparirebbe per l’imperialismo nordamericano. Per Washington si tratta di evitare l’emergere di una potenza eurasiatica in grado di competere realmente con il dominio dell’imperialismo nordamericano nell’ordine mondiale. In altre parole, per evitare che la Russia sfrutti appieno il suo potenziale in alleanza con una potenza europea e/o con la Cina, sarebbe necessario assicurarsi che la Russia sia indebolita a lungo termine, o addirittura che lo Stato russo come lo conosciamo venga smantellato. E questo può essere fatto solo attraverso il confronto diretto, con tutti gli enormi rischi che questo comporta. Gli Stati Uniti, per non parlare degli europei, non sembrano pronti per uno scenario così catastrofico.

Per questo motivo, gran parte dell’establishment imperialista globale, pur con le sue differenze, e la stessa Russia sembrano aver accettato la prospettiva, prima o poi, di una soluzione diplomatica del conflitto. Tuttavia, non possiamo in alcun modo escludere la possibilità di un’ulteriore escalation, di un “incidente” che porti l’umanità in una situazione drammatica. Oggi più che mai i lavoratori, i giovani e i settori oppressi della società non devono riporre alcuna fiducia nelle potenze imperialiste occidentali che ipocritamente affermano di lottare per il diritto all’autodeterminazione dell’Ucraina; anche della Russia di Putin non ci si può fidare perché non difende un progetto progressista o “antimperialista”. Al contrario. La lotta indipendente della classe operaia per porre fine a questa guerra è l’unica opzione realistica e l’unica in grado di garantire il diritto all’autodeterminazione dell’Ucraina che oggi, nell’era imperialista, può essere raggiunto solo attraverso il rovesciamento socialista della società capitalista.

 

Philippe Alcoy

Traduzione da Révolution Permanente

Redattore di Révolution Permanente e della Rete Internazionale La Izquierda Diario. Vive a Parigi e milita nella Courante Communiste Revolutionnaire (CCR) del NPA.