Le donne in Polonia lottano da anni contro il governo di destra e contrario ai diritti che cerca non solo di limitare ma di vietare il diritto all’aborto in tutti i casi. Oggi, questo divieto viene sperimentato in prima persona dalle vittime di stupro tra le rifugiate ucraine in Polonia.


La Polonia è uno dei paesi più restrittivi quando si tratta di diritti all’aborto, attualmente vietando l’aborto per quasi tutti i motivi. Il paese ospita più della metà dei rifugiati della guerra in Ucraina. Le vittime di stupro rifugiate devono ora affrontare la recente legge anti-aborto: una tragedia che fa luce non solo sulla situazione dei diritti riproduttivi in Polonia, ma anche sugli abusi della guerra, che colpiscono soprattutto le donne.

La Polonia ha inasprito le sue leggi sull’aborto negli ultimi anni, sotto la pressione del governo conservatore di destra del partito PiS (“Legge e Giustizia”) e della sua coalizione Destra Unita.

Nel gennaio 2021, la Corte costituzionale ha vietato l’aborto in caso di malformazione congenita del feto, il che equivaleva a vietare quasi tutti gli aborti, dato che il 98% degli aborti legali eseguiti nel 2019 erano per questo motivo.

Ad oggi, l’aborto è legale solo nei casi di stupro, incesto o quando la vita della madre è in pericolo. Ciò non ha impedito la morte di Izabel, una donna polacca i cui medici curanti si sono rifiutati di intervenire, aspettando che il feto morisse per paura di un procedimento penale.

Oggi, la situazione di molte rifugiate ucraine risente anche della legge anti-aborto in vigore in Polonia. Le associazioni che aiutano le donne ad accedere ai servizi di aborto raccontano delle numerose chiamate che hanno ricevuto quotidianamente dall’inizio della guerra.

La maggior parte di queste donne che cercano di accedere all’aborto hanno subito violenze sessuali per mano dell’esercito russo o degli uomini che le hanno ospitate. Secondo la legge, l’accesso all’aborto in caso di stupro rimane legale. Tuttavia, in pratica, è quasi impossibile farlo per questi motivi, poiché bisogna prima denunciare lo stupro alla polizia, subire un’indagine e poi poter accedere ai servizi di aborto. È quindi lo Stato che decide sui diritti riproduttivi delle donne che sono state vittime di violenza.

Justyna Wydrzynska, un’attivista di Abortion Without Borders, una coalizione di diverse ONG polacche e internazionali, dice: “I volontari che sono andati a Bycha dicono che le donne che sono state violentate lì hanno paura di venire in Polonia. Conoscono le nostre leggi e le temono. Piuttosto, cercano di sopravvivere in Ucraina, in un paese ancora devastato dalla guerra”.

Le associazioni, in contatto con le reti di attivisti, organizzano la contraccezione d’emergenza per fornire alle donne la pillola del giorno dopo, specialmente vicino al confine ucraino. Ma in Polonia, quest’ultima non è facilmente ottenibile e le persone che aiutano ad abortire possono affrontare fino a tre anni di prigione. “Stiamo correndo grandi rischi. In Polonia, la pillola del giorno dopo è disponibile solo su prescrizione. Ma è quasi impossibile per le rifugiate ucraine ottenerle”, dice un ginecologo che lavora con i volontari per distribuire le pillole.

La violenza sessuale in guerra è lungi dall’essere un caso isolato o una specificità dell’esercito russo, ma al contrario sono tattiche militari utilizzate per terrorizzare e sottomettere una popolazione e dovrebbero essere condannate nei termini più forti possibili.

Nel 2020, un movimento storico si è sollevato contro la legge che limita l’aborto in Polonia, affrontando il governo di destra del PiS, ma anche la Chiesa cattolica, che interviene costantemente nella vita pubblica e nega il diritto delle donne a decidere del loro corpo. È questo percorso, quello delle mobilitazioni, che dobbiamo seguire ed estendere per rompere con queste politiche reazionarie che impediscono alle donne di decidere del loro corpo, mentre allo stesso tempo incoraggiano la violenza maschile anche nelle circostanze peggiori, come uno scenario di guerra.

Tatiana Magnani

Traduzione da La Izquierda Diario

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