Lo scandalo emerso a Piacenza con l’indagine, arresti e altre misure cautelative contro dei carabinieri ha provocato giustamente un’ondata di indignazione. Ma il movimento operaio e la sinistra non possono fermarsi all’indignazione: serve una risposta politica alla questione delle forze dell’ordine così come negli USA, dove il dibattito sulla polizia ha fatto un salto di qualità.


Il sequestro di una caserma dei carabinieri per crimini comuni, a Piacenza, fatto inedito nella storia dell’Arma, ha provocato un’ondata di indignazione in tutto il paese: le pesanti accuse arrivate alla magistratura iniziano ora il loro iter giudiziale, prevedibilmente meno “esplosivo” del suo inizio, trattandosi di uno scontro interno tra alcuni dei più (in teoria) saldi e fedeli settori dell’apparato statale.

Estorsione, traffico di droga (a partire da quella sequestrata durante le operazioni di polizia), arresti arbitrari al fine di “fare punteggio” come difensori dell’ordine in città. Il tutto aggravato dal fatto che la quarantena non ha assolutamente fermato, anzi, la condotta criminale di tutto un gruppo di carabinieri a Piacenza: indebolendosi qualsiasi meccanismo di controllo sull’operato delle forze dell’ordine, e sentendosi investite di nuovi poteri attraverso i DPCM militarizzanti del governo Conte, i carabinieri più criminalmente “intraprendenti” hanno approfittato della situazione per imporre un’idea tutta loro di “legge e ordine”.

Il caso degli USA: dall’odio alla piattaforma #8toabolition

Negli USA all’indignazione per il ruolo oppressivo e anti-operaio delle forze dell’ordine è seguito un movimento di protesta e ribellione che, dopo le lotte di settori di lavoratori – specie degli operatori sanitari in prima linea – ha ulteriormente rotto la pace sociale razzista, reazionaria che Trump aveva cercato di mantenere nonostante la diffusione fuori controllo del Covid-19. Ma non solo! Settori sempre più larghi di giovani, di lavoratori e lavoratrici, di persone di colore, hanno rotto con l’idea per cui la polizia e le forze dell’ordine in generale siano al servizio della comunità, “del popolo”, di quelli che in questa società sono sfruttati e oppressi. La polizia, con la quarantena e gli improvvisi “poteri speciali” che ne sono derivati in gran parte del mondo, non ha fatto che moltiplicare, esacerbare le sue azioni arbitrarie, la sua attività razzista di tutti i giorni, la sua violenza contro chi alza la testa contro il sistema capitalista e le sue ingiustizie, o anche contro chi semplicemente si trova nel posto sbagliato… col colore della pelle sbagliato.

L’ondata di indignazione, odio e mobilitazione non è rimasta sul mero piano dell’avversione generica alle forze dell’ordine, della richiesta di indagini, arresti, dimissioni – più che legittima, ma limitata a chiedere che lo Stato “regoli i conti” con sé stesso senza controllo e intervento dal basso –, ma si è evoluta in rivendicazioni e campagne politiche organizzate.

In estrema sintesi, in una platea popolare effettivamente maggioritaria di chi sostiene il movimento antirazzista collegato a Black Lives Matter, si sono affermate due posizioni: quella che punta a un certo “definanziamento” della polizia, graduale e senza strappi con l’organigramma della polizia stessa, a favore di voci “sociali” del budget comunale e statale, e una posizione che rivendica l’obiettivo dell’abolizione delle forze di polizia come corpi armati, separati dalla popolazione civile e dediti alla sopraffazione e alla violenza quotidiane – non crediamo ci sia neanche da discutere sul fatto che non si tratta di “mele marce” rispetto a corpi di polizia “sani”, dato che gli episodi di connivenza e copertura della malefatte della classe dominante, di violenza gratuita verso i ceti bassi, di razzismo e posizioni reazionarie diffuse, non sono un’opinione ma una situazione generale verificabile in migliaia e migliaia di casi di cosiddette “mele marce”.

Per una risposta politica: contenimento delle forze di polizia o loro abolizione?

A ridosso del diciannovesimo anniversario del G8 di Genova, che vide la morte del giovane Carlo Giuliani per morte del carabiniere Mario Placanica, la questione dello spadroneggiare delle forze dell’ordine, specie durante e in scia alla quarantena imposta a seguito della diffusione del Coronavirus, si pone evidentemente come questione di sistema che ci impone di prendere posizione non rispetto ai singoli casi eclatanti di violenza e di attività criminale, ma rispetto al ruolo che carabinieri, polizia, forze dell’ordine hanno nella nostra società. Nel suo aspetto essenziale di strumento di dominio generale sulla società, e non solo nella riproduzione del capitale, nell’economia, lo Stato, per conto della classe dominante, della borghesia, ricopre una funzione militare organizzata interna (aldilà di quella esterna, cioè degli interventi militari “pacifici”, “istituzionali” imperialisti all’estero, così come delle guerre vere e proprie), che Friedrich Engels, ripreso e citato da Lenin nella sua polemica contro Karl Kautsky e i socialisti riformisti tedeschi che condannavano la rivoluzione russa, così sintetizza:

Il secondo punto è l’istituzione di una forza pubblica che non coincide più direttamente con la popolazione che organizza se stessa come potere armato. Questa forza pubblica particolare è necessaria perché un’organizzazione armata autonoma della popolazione è divenuta impossibile dopo la divisione in classi […] [ La forza pubblica] si rafforza nella misura in cui gli antagonismi di classe all’interno dello Stato si acuiscono e gli Stati tra loro confinanti diventano più grandi e popolosi. Basta guardare la nostra Europa di oggi, in cui la lotta di classe e la concorrenza nelle conquiste ha portato il potere pubblico a un’altezza da cui minaccia di inghiottire l’intera società e perfino lo Stato [L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 200].

E in effetti, non è forse così, che l’enorme prestigio che con ogni mezzo si cerca di mantenere attorno ai carabinieri, unito al “via libera” a un esercizio ancora più arbitrario del loro potere con lo stato d’emergenza e la quarantena, ha permesso dei fenomeni di “inghiottimento” della società civile e del resto dello Stato? Peraltro, i carabinieri italiani rappresentano un caso raro negli ordinamenti militari, dove un’arma particolare dell’esercito dei Savoia (fondata nel 1814) è assurta a pretoriano e gendarme collettivo, costituendo la parte più fedele alla monarchia prima e alla repubblica borghese poi, dedicandosi ad esempio in prima istanza, durante la Prima Guerra Mondiale, a “tenere l’ordine” nelle retrovie e a fucilare oltre mille soldati italiani al fronte – altro che le scene di mitraglieri della polizia militare che sparano in massa ai loro commilitoni, come suggerito dal film Il nemico alle porte.

Il problema però, come argomenta Engels, non è di questo o quell’individuo, di questo o quel corpo specifico “marcio”, ma del distaccamento armato autonomo in sé, cioè dell’insieme delle “forze dell’ordine” e delle forze armate, che agisce come guardiano armato e violento dello sfruttamento economico, dell’oppressione di larghi strati della popolazione, del dominio politico della piccola minoranza costituita dai capitalisti sulla società intera, per quanto attraverso il formale “potere al popolo” che la democrazia borghese “garantisce” col voto universale e con tutte le sue strutture di coinvolgimento ampio della popolazione in meccanismo di consenso più o meno burocratizzati.

In questo senso, per il socialismo e per il movimento operaio, quella delle forze dell’ordine è sempre stata una questione di classe, non affrontabile separatamente dal ruolo sociale che esse hanno nello scontro la classe lavoratrice e quella borghese, e soprattutto non potendo permettersi di considerare (cosa che pure è successa e continua a succedere a sinistra e nelle organizzazioni dei lavoratori) le forze dell’ordine come “neutrali” (dunque che, astrattamente, in qualsiasi momento, potrebbero stare con gli industriali o coi lavoratori) o, peggio, come un blocco di “lavoratori in divisa” da integrare al movimento operaio stesso, ai suoi sindacati, alle sue forze politiche… come se il loro ruolo non fosse quello di difensori della grande proprietà, di corpi armati da impiegare in patria e all’estero nel nome degli interessi dei grandi capitalisti – nel caso dei carabinieri (come puntualmente succede), degli interessi dell’imperialismo italiano e NATO.

Non è un caso se, in occasione dell’elaborazione del programma del Parti Ouvrier (il primo partito socialista, marxista francese, nato nel 1882), Marx ed Engels, insieme ai principali esponenti del costituendo partito Jules Guesde e Paul Lafargue (proprio l’autore del Diritto all’ozio!), elaborarono, tra gli altri, due punti riguardanti l’”organizzazione armata autonoma”:

Abolizione dell’esercito permanente e armamento generale del popolo; che la Comune sia padrona della propria amministrazione e della propria polizia.

Possiamo leggere “Stato” al posto di “Comune”, in un quadro di rivendicazione della prospettiva del potere politico alla classe lavoratrice, e non di mera riforma dello Stato borghese così come ce lo troviamo davanti: proprio questa discriminante faceva (e fa) sì che la lotta per alcune riforme concrete ottenibili già nella nostra società, nel capitalismo (come il numero identificativo ben visibile per tutti gli agenti di polizia, e altre garanzia di punibilità dei loro crimini), non sia divisa dalla lotta per l’abolizione di questi corpi armati, separati dalla società civile e dalla stessa massa proletaria dai cui ranghi provengono parecchi dei loro membri, e per l’abolizione del capitalismo in quanto tale, in favore di una società basata veramente sull’autogoverno esercitato dalla gran massa della popolazione, organizzata e non più dominata e sfruttata da pochi, insomma del socialismo.

Da queste premesse, l’unica garanzia di abbattimento della violenza impunita diffusa, del razzismo strutturale delle forze armate – che non è altro che un riflesso del razzismo come politica di governo e maggiore sfruttamento promossa dalla classe dominate – è il recupero della funzione dell’autodifesa del popolo e delle comunità locali tramite l’organizzazione in milizie civile, con un addestramento militare universale che non lasci la stragrande maggioranza della popolazione inerme di fronte ai soprusi di una minoranza armata.

Ma lo Stato oggi può permettersi di sciogliere le forze armate come organizzazione armata autonoma dalla società? Non ci pare.

Quali reparti di polizia celere manderebbe contro i cortei nelle città e contro i picchetti dei lavoratori davanti alle fabbriche e ai magazzini? Quale rete di agenti privilegiati e corrotti accetterebbe favori e mazzette chiudendo entrambi li occhi di fronte agli enormi crimini fiscali dei ricchi? Quali reparti “volontari” manderebbe, con spese folli, all’estero per proteggere gli interessi dei capitalisti in giro per il mondo, causando saccheggi di risorse, distruzione e morte? Tutte queste funzioni, oggi ben ricoperte, diventano tutte impossibili se chi deve svolgerle è la stessa comunità autorganizzata secondo l’interesse della sua autodifesa generale, e non della brutale difesa della grande proprietà e dei meccanismi di oppressione razzisti e patriarcali connessi al capitalismo.

La pensano così, orientandosi verso la rivendicazione dell’abolizione delle forze di polizia, gli autori della piattaforma, pubblicata online con una serie di materiali molto popolari ma anche di approfondimento, 8 to abolition, elaborata da una rete di attivisti di tutte le etnie, diffusi su tutto il territorio nordamericano, apertamente anti-riformista. #8toabolition ha da subito ottenuto un’influenza rilevante nel principale partito di sinistra, i Democratic Socialists of America (DSA) i quali, sull’onda della loro crescita collegata al loro supporto delle due campagne elettorali (perdenti) di Bernie Sanders, organizzano oltre 70.000 membri e si trovano di fronte al bivio tra rimanere una (ora poderosa) stampella del Democratic Party, e investire le proprie risorse per la fondazione di un grande partito indipendente della classe lavoratrice e di tutti gli oppressi negli USA.

Così i fondatori della campagna descrivono il loro progetto:

Questa è una proposta per una visione e trasformazione abolizionista. Anche se ci sono molte proposte politiche, questo non è un documento o un sito web di elaborazione di “politiche”, né siamo un’organizzazione o dei responsabili politici. Speriamo che questo serva come risorsa per le persone per costruire e incorporare le richieste abolizioniste negli sforzi organizzativi locali intorno alle politiche comunali, statali e federali. In origine, questa risorsa è stata creata come risposta diretta a una dannosa campagna riformista.

Sappiamo che l’abolizione è una trasformazione che va molto oltre 8 punti o un sito web, e speriamo che questi punti servano come risorsa che dimostri i cambiamenti pratici che possiamo fare ora verso l’abolizione.

La prospettiva dell’abolizione della polizia è tutt’uno con l’abolizione del capitalismo

Per questo, una rivendicazione irrinunciabile per il movimento operaio e per la sinistra che fa riferimento alla classe lavoratrice, è quella dell’abolizione di tutti i corpi armati professionali. Non è possibile separarla, a meno che non se ne voglia fare un discorso astratto e ideale, dalla necessità dell’autorganizzazione di massa, consiliare, di lavoratori e lavoratrici, delle comunità, della grande maggioranza contro i pochi sfruttatori capitalisti e i loro servi e guardiani: se non concepiamo la polizia come un elemento essenziale della società, è perché concepiamo una società da conquistare dove non ci sia bisogno di polizia, perché nel capitalismo ci sarà sempre il bisogno della organizzazione armata autonoma dalla società.

Un processo che parte dai compiti di organizzazione e autodifesa delle organizzazioni operaie e popolari, che non possono affidarsi né alle concezioni di conflitto individuale o gruppettare contro le forze armate, slegato dalla lotta di classe, né a un inerme pacifismo riformista che sempre si limiterà a voler “contenere” il ruolo delle forze armate, parlandoci di “mele marce”, e lasciando cadere la lotta indipendente (non subordinata passivamente all’attività della magistratura e dei partiti di governo) per ottenere giustizia e per far sì che emergano e siano puniti tutti i soprusi condotti dalle forze dell’ordine. Una lotta che spetta in primis a chi, quando lotta, si trova questi agenti di fronte, pronti a reprimerli: i lavoratori e le lavoratrici.

È un problema di sistema: lottiamo contro l’oppressione armata dello Stato, lottando contro il capitalismo!

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.