Ben lontana dai tempi del suo attivismo Movimento di Liberazione delle Donne, la nuova ministra Roccella della Famiglia si integra come pilastro della politica contro il femminismo e la comunità LGBT+.
Le donne e i dissidenti sono tornat* in piazza nelle città di tutto il paese il 28 settembre, Giornata internazionale di lotta per il diritto all’aborto, dopo la vittoria alle urne del partito di estrema destra FdI alle elezioni nazionali.
È stata una dimostrazione del fatto che ci sono le forze per difendere i nostri diritti e anche per fare di più. I piani del nuovo governo xenofobo e conservatore di Giorgia Meloni vanno nella direzione opposta e per questo “il” presidente del consiglio ha nominato un gabinetto corrispondente. Già il nome del ministero incaricato di Eugenia Roccella la dice lunga sull’orientamento ideologico che imprimerà nelle sue politiche.
”Sono una donna, sono una madre, sono una cristiana”
Figlia di uno dei fondatori del Partito Radicale, ha iniziato la sua carriera politica come leader e portavoce del Movimento di Liberazione delle Donne, che si è inserito nella lotta per i diritti democratici delle donne, contro la violenza di genere e per le pari opportunità, costruendo una corrente che rispondeva ai radicali. Tuttavia, un decennio dopo, inizia a mostrare posizioni ultraconservatrici sul ruolo delle donne e a credere che quelle stesse lotte che aveva animato prima avrebbero portato alla distruzione dell’individuo.
Nel 2007, in occasione della Giornata della Famiglia, insieme a Savino Pezzotta del PD, organizzò una manifestazione a sostegno della famiglia eteronormativa composta da un uomo e una donna – una mamma e un papà, come ripetuto all’infinito poi da Matteo Salvini. Non a caso, considerando che in campagna elettorale ha promesso di dedicare le sue energie al problema della natalità «per restituire alla maternità il prestigio e la centralità che le corrispondono». Partendo dall’idea della maternità come “forza delle donne”, riduce il ruolo delle donne nella sfera privata e pubblica a quello di semplici badanti.
A questa strenua difesa dell’istituto familiare eteronormativo segue necessariamente l’opposizione all’educazione sessuale nelle scuole, alla legge 194 per aver considerato l’aborto legale, sicuro e gratuito come “un rifiuto, una battuta d’arresto” e il rifiuto dell’uso della pillola abortiva. È anche nettamente contraria a qualsiasi diritto per la comunità LGTB+, anche minimo come riconoscere l’omolesbotransfobia come discriminazione. In accordo con FdI che non solo ha votato contro il del Zan, ma che in parlamento ha esultato quando è stato affossato.
Nel 2010 è stata eletta Sottosegretaria alla Salute nel governo di Berlusconi. Durante la sua amministrazione, non era soddisfatta di attaccare pubblicamente i diritti riproduttivi delle donne incinta. Così che, nel 2011, in piena crisi di governo, ha ripristinato alcuni divieti smantellati dai tribunali sulla fecondazione assistita, come quello della diagnosi genetica preimpianto negli embrioni.
Tutto ciò converge con il cavallo di battaglia di Meloni nella campagna elettorale sulla “soluzione” del problema della bassa natalità, alludendo alla teoria reazionaria della “sostituzione etnica” tramite l’immigrazione. Un grido di guerra contro le donne migranti, che sono quelle che svolgono compiti importanti (compresa la cura dei bambini e degli anziani) di cui lo Stato capitalista, sempre più in crisi, semplicemente non si cura. Compiti che svolgono in cambio di salari bassi e nel quadro di condizioni di lavoro del tutto precarie, che si alimentano dei pregiudizi e degli stereotipi che promuovono i discorsi della destra.
Donne al governo, femminismo al potere?
Negli ultimi anni, e con l’emergere del movimento delle donne nelle strade, l’opinione pubblica ha ampiamente diffuso l’idea che sia qualcosa di positivo e progressista per le donne raggiungere diverse posizioni di potere.
È dimostrato da quello che dicevamo sopra che per il movimento delle donne e la lotta contro l’oppressione e il patriarcato, non è affatto così automatico (almeno non per tuttə). È difficile immaginare che queste donne della destra più reazionaria e cattolica generino, dai loro posti di potere, un cambiamento positivo nella realtà di milioni di donne italiane. Roccella può definirsi una “femminista”, ma le reali conseguenze della sua linea politica sono il mancato accesso garantito all’aborto sicuro a causa dell’obiezione di coscienza, e la realtà delle lavoratrici che sono pagate meno a parità di lavoro degli uomini.
Nonostante questo, non è così scontato che figure di potere come lei siano individuate chiaramente dalle donne come nemiche: la nuova destra ha incorporato nei suoi discorsi ingannevoli vari aspetti della lotta per l’emancipazione delle donne. È un fenomeno internazionale che si è sviluppato dal trionfo del neoliberismo, che ha tra i suoi portavoce esponenti che in diverse situazioni sono all’opposizione, come Hillary Clinton negli Stati Uniti e la sua lotta per “infrangere il soffitto di cristallo”. O come qui in Italia, i referenti del PD, come la ministra Boldrini, partecipano alle manifestazioni del movimento come un modo per mostrare empatia con le lotte per i diritti democratici, ma in realtà hanno solo l’obiettivo di istituzionalizzarle e rimuovere gli aspetti più radicali, facendo finta di non essere co-responsabili degli attacchi all’emancipazione delle donne e delle persone LGBT+.
Nello stesso momento in cui si appropriano di questi aspetti, attuano attacchi generalizzati alle condizioni di vita della grande maggioranza, generando forti contraddizioni tra le rivendicazioni stesse sentite dai movimenti sociali, che così, si scontrano con le stesse strutture istituzionali che riproducono sistematicamente esclusione, oppressione e disuguaglianza nelle democrazie di oggi, ogni giorno più logore e formali.
Laura Tartaglia
Nata a La Plata, Argentina, nel 1992, dove ha militato con il Partido de los Trabajadores Socialistas. Laureata in Tecnica bibliotecaria. Vive e lavora a Monza, milita nella corrente femminista Il Pane e le rose e nella FIR.