Per domani venerdì 2 dicembre i sindacati di base hanno indetto uno sciopero nazionale di tutte le categorie e hanno chiamato per sabato una manifestazione nazionale a Roma, con ritrovo Piazza della Repubblica alle ore 14:00.


Uno sciopero politico e un corteo nazionale contro governo, povertà, guerra e repressione

Il sindacalismo di base ha indetto per domani, venerdì 2 dicembre, e per sabato 3 due giornate di lotta e mobilitazione contro il carovita, la guerra e le politiche del nuovo governo di destra guidato da Giorgia Meloni.

Domani si terrà uno sciopero generale per tutta la giornata, convocato unitariamente dalle sigle del sindacalismo di base, in uno sforzo di lotta unitaria che supera le convocazioni separate avvenute più volte negli ultimi anni. Ci saranno diversi concentramenti di fronte ai magazzini della logistica, dove si concentra in particolare il SI Cobas, così come alcuni presidi e manifestazioni locali nei vari territori.

Sabato si terrà, invece, una manifestazione nazionale con lo slogan “Contro la guerra e il carovita: giù le armi, su i salari!”, con la partecipazione delle sigle principali del sindacalismo di base e di diverse sigle politiche e associative della sinistra, che come FIR abbiamo senz’altro sottoscritto.

Lo sciopero politico e la manifestazione per il giorno successivo si pongono l’obiettivo ambizioso di costruire un argine centrato sui bisogni e le aspirazioni della classe lavoratrice contro la crisi e lo svilupparsi dei suoi effetti sulle fasce di popolazione piú esposta. Arriviamo a questo momento una settimana dopo la convincente manifestazione transfemminista di sabato scorso e in contemporanea con l’accelerata del sistema repressivo del governo spinto dalla paura che il contesto sociale si riscaldi troppo. In effetti, la confluenza di settori giovanili, operai e di sinistra in manifestazioni come quella del 22 ottobre a Bologna e quella del 5 novembre a Napoli, o come nella mobilitazione alla Sapienza a Roma, mostrano un potenziale di mobilitazione sociale, anche radicale, che per ora è rimasto dentro cerchie ristrette d’avanguardia. Ma il governo e i padroni dietro di esso sanno bene che la crisi energetica e gli effetti del carovita combinati ai tagli allo stato sociale che continueranno con Meloni, tra cui quello al Reddito di Cittadinanza, possono far maturare una situazione molto più esplosiva il prossimo anno.

Gli industriali e il governo, però, possono ancora contare sull’atteggiamento conciliante e passivo delle grandi burocrazie CGIL-CISL-UIL, che o stanno appoggiando la manovra finanziaria o si riservano di mobilitarsi troppo poco e quando sarà troppo tardi, come da tempo ha fatto la CGIL di Landini e ancor prima sotto la guida di Susanna Camusso, col caso gravissimo di 4 ore di sciopero fuori tempo massimo quando fu approvato il Jobs Act di Matteo Renzi.

In questo contesto, dove ancora prevalgono la pace sociale e la passività tra lavoratori e lavoratrici, la due giorni di lotta indetta dai sindacati di base interviene su una quantità differente di aspetti: certo la crisi, l’inflazione e il caro energia, ma anche le manovre guerrafondaie delle élite italiane ed europee e la loro politica di riarmo, la soppressione del dissenso, la follia razzista anti-immigrati. Sarebbe difficile (e oltremodo dannoso) districare questi temi e affrontarli come se fossero singoli punti l’uno separato dall’altro. No, tutti questi punti vanno a disegnare un quadro nitido di quello che la fase ha da offrire a ogni livello ai lavoratori, alla gioventú, alle donne e specificità di genere: povertà, precarietà, discriminazioni e repressione.

Nonostante lo scenario fosco, però, la scala relativamente piccola dei sindacati che hanno indetto lo sciopero e parteciperanno alla manifestazione, la scarsa presenza di operai attivi fuori dal settore della logistica e da alcune situazioni particolari (vedi GKN), rende alto il rischio di uno sciopero limitato, anche se radicale, e una manifestazione molto piú piccola di quanto invece servirebbe e sarebbe lecito aspettarsi.

Tuttavia questo passaggio è uno dei molti che è necessario provare, per dirla ancora con gli operai GKN, per rompere l’assedio e lanciare sortite nel campo del nemico. Raggruppare lə compagnə piú combattivə e provare a scuotere alla base il governo. Bisognerà sforzarsi di legare con rivendicazioni comuni e in una prospettiva politica comune le proteste degli studenti contro il governo, la grande manifestazione contro la violenza machista contro le donne, e i piccoli (e meno piccoli) focolai di lotta che sussistono fra varie realtà di lavoratori e lavoratrici. 

 

Le difficoltà della fase e la necessità di convergere

Non esistono compartimenti stagni in cui intervenire (o magari intervenire “prioritariamente”): il movimento deve assumersi la responsabilità di prendere in carico non una o due, ma tutte le rivendicazioni che stanno nascendo in seno agli strati popolari: dai rincari delle bollette a quelli sui beni primari, dalla difesa dei diritti delle donne a quella degli immigrati che provano a sbarcare sulle coste europee incontrando trafficanti, fili spinati e le fucilate delle guardie di frontiera; dalla difesa dei salari a quella dell’emancipazione della gioventù, sempre piú osteggiata da un governo che vedono (e a buona ragione!) come anacronistico, odioso e autoritario.

Non è possibile vincere, anche nel senso anche piú limitato e modesto del termine, se si colpisce separatamente. A ben vedere, un compito urgente è quello di organizzarsi in maniera da sconfiggere innanzitutto quella posa di corporativismo, atomizzazione e settarismo che nella sinistra radicale spesso spadroneggia, anche nelle realtà più apparentemente aperte e dialoganti. Non esistono interessi di singoli gruppi per cui valga la pena di mettere in discussione la formazione di una reale opposizione unitaria, da sinistra, al governo -e ai governi- della guerra e della repressione. Esiste solo la necessità di convergere e articolare la lotta in tutti i luoghi di lavoro ed estendere il più possibile la mobilitazione.

In questo senso, convergere per insorgere – cioè fare fronte unico, radicalizzare le lotte e costruire un polo riconoscibile della sinistra radicale, anticapitalista – non può essere una moda passeggera che si appoggia sulla lotta eroica degli operai GKN, o un nome aggiornato per la vecchia routine “di movimento” che, quando va bene!, “resiste” in alcune lotte difensive, senza alcun influenza sui settori larghi della classe operaia, della gioventù, delle donne. Una strategia che ha portato alla situazione molto difficile della sinistra e del movimento operaio di oggi.

Per questi motivi pensiamo sia necessario scendere in piazza sabato a Roma e partecipare allo sciopero del 2, come era necessario scendere in piazza con le migliaia di donne sabato scorso, con la gioventú universitaria, con gli operai GKN o i movimenti contro le politiche governative riguardo il cambiamento climatico. La lotta è una: oggi si articola sui temi dell’opposizione alle discriminazioni razziali e di genere, al carovita e all’impoverimento, alla guerra in Ucraina e al riarmo imperialista. Un’opposizione letteralmente al freddo e alla fame che sembrava appartenere a un passato che non poteva più tornare nei paesi “ricchi” occidentali, ma che è la nostra realtà quotidiana, e che può aprire la via alla mobilitazione e alla lotta di classe radicale “classica”.

Partecipiamo a questa tornata di mobilitazione con queste parole d’ordine, che possono fare parte di una base unificante per sviluppare il movimento nei prossimi mesi con un programma condiviso:

_blocco della “riforma”, cioè dell’eliminazione, del Reddito di Cittadinanza, contenuta nella finanziaria: rivendichiamo il suo superamento con un reddito per i disoccupati indicizzato, e misure complementari come borse di studio agli universitari sufficienti a renderli indipendenti;

_un salario minimo intercategoriale di 1500 euro netti e la stabilizzazione dei contratti, contro il supersfruttamento legato alla precarietà, e in risposta ai ccnl bidone o non applicati;

_introduzione di una scala mobile che fissi i salari secondo il prezzo del paniere di base, per una vera politica di aumento di salari e di espansione del welfare e dei servizi pubblici tramite tassazione fortemente progressiva dei profitti e dei grandi patrimoni;

_riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali a parità di paga, connessa con la sua distribuzione per riassorbire la disoccupazione;

_stop all’intervento militare italiano e al commercio e invio di armi all’estero; fuori le truppe italiane e NATO subito dall’Europa dell’est; stop al riarmo imperialista, per il taglio delle spese militari!

 

Frazione Internazionalista Rivoluzionaria

La FIR è un'organizzazione marxista rivoluzionaria, nata nel 2017, sezione simpatizzante italiana della Frazione Trotskista - Quarta Internazionale (FT-QI). Anima La Voce delle Lotte.