Il nostro giornale compie oggi tre anni di vita: perché non vuole essere solo un ennesimo giornale nuovo, né soltanto un megafono delle lotte, ma un “organizzatore collettivo” internazionalista e per il leninismo 2.0?


Perché un nuovo giornale? Non solo per resistere, ma per vincere il conflitto

Esattamente tre anni fa, l’11 aprile 2017, inauguravamo La Voce delle Lotte, che conta oggi decine e decine di autori e corrispondenti coinvolti, oltre 1.800 articoli pubblicati e una frequentazione del nostro sito stabilmente oltre le 100.000 visualizzazioni mensili.

Ma il nostro proposito come FIR, come gruppo politico che dava vita a questo nuovo giornale militante online, non si fermava assolutamente ad avere una “nostra” testata online in competizione con molte altre già esistenti e consolidate, senza andare molto oltre la “normale” logica di concorrenza mutuata dal giornalismo tradizionale delle “grandi” testate: un nuovo giornale voleva essere uno strumento, un organizzatore collettivo di una politica tanto “nuova” quanto basata su un recupero del marxismo non solo come riferimento culturale, come filosofia radicale o richiamo a “bei tempi andati” quando il socialismo e il movimento operaio hanno fatto tremare il mondo. Volevamo, e vogliamo, un marxismo politico sia come strategia rivoluzionaria per superare il capitalismo, sia come guida per l’azione nella lotta quotidiana a tutti i livelli: non solo per resistere, ma per vincere il conflitto.

In un periodo di ascesa apparentemente inarrestabile della destra nazionalista, reazionaria, trumpiana, e di grande difficoltà del movimento operaio (e non solo) in Italia e altrove, eravamo – e siamo – convinti che la continuazione per inerzia della politica e della comunicazione “di sinistra” uscite abbondantemente sconfitte dal ventennio Novanta-Duemila, anche nel campo della sinistra radicale e del marxismo, non avrebbero permesso alle nuove generazioni di lottatori tra i lavoratori, tra i giovani, tra gli immigrati, tra le donne di andare oltre, appunto, la difesa dell’esistente e la resistenza di fronte alle politiche dei capitalisti, dei loro partiti, dei loro governi.

A differenza di molti anche “a sinistra” che non danno alcun segno, o quasi, d’essere convinti che la classe lavoratrice e le masse oppresse possano, effettivamente, sollevarsi e ribellarsi definitivamente del dominio globale di pochi capitalisti su miliardi di persone, noi eravamo e rimaniamo convinti che la presa del potere economico e politico da parte della classe lavoratrice, da parte di quelli che assicurano la produzione di ricchezza e in generale la sopravvivenza della nostra specie, sia l’unica via d’uscita di fronte all’epoca di crisi economiche devastanti, di politiche disumane, di distruzione dell’ecosistema globale, di guerre e ora di pandemia che il capitalismo ci offre.

Le politiche sfacciatamente disinteressate della salute dei lavoratori e della popolazione che i capitalisti hanno messo in campo in questi mesi di pandemia globale, ci sembra, non fanno che confermare e rafforzare che non c’è un capitalismo buono, riformato che ci salverà, magari con l’aiuto di governi “di sinistra” che, e noi italiani possiamo dirlo con grande cognizione di causa, finiscono sempre e comunque per rispettare tutte le “compatibilità” imposte dalla borghesia attraverso tutte le sue istituzioni e, quando non basta, con l’enorme potenza sociale che la sua ricchezza vertiginosa le dà.

Insomma, la rivoluzione – non semplicemente “democratica”, ma socialista – e l’autorganizzazione, quella sì veramente democratica, dei lavoratori e della popolazione in consigli, sono i cardini attualissimi di una “strategia sovietica” che il marxismo ha elaborato nell’arco di oltre un secolo, con immenso sacrificio di tutti quei militanti che hanno provato a metterla in pratica e farla finita per davvero col capitalismo, affrontando la reazione della classe dominante e di tutti quei burocrati tra le fila del movimento operaio, della sinistra, che preferivano scendere a compromessi coi capitalisti.

Le mobilitazioni a livello internazionale degli ultimissimi anni, che hanno scosso con forza la cappa mortifera del trumpismo mondiale, hanno da una parte confermato che la lotta di classe non è per niente morta, ma anche che le proteste, le mobilitazioni, persino le ribellioni popolari si infrangono contro un intero sistema che, per quanto in crisi, ha ancora molti strumenti per resistere a qualsiasi tentativo di cambiarlo o di abbatterlo.

Per questo, con Trotsky, siamo convinti che “la vittoria non è affatto il frutto maturo della ‘maturità’ del proletariato. La vittoria è un compito strategico”: il capitalismo non ci concede “pareggi”, la sconfitta significa sfruttamento, oppressione e scenari catastrofici per miliardi di persone in questo secolo, non in un lontano futuro! Non ci rimane che vincere, non ci rimane che pensare e costruire una politica per vincere il conflitto.

 

Non una semplice “voce delle lotte”: per un leninismo 2.0

Contro ogni parodia della politica anticapitalista, rivoluzionaria, marxista come cenacolo di propaganda, a volte pericolosamente simile alle sette che predicano la fine del mondo senza “ovviamente” poter farci nulla, il nome del nostro giornale rivendica un giornalismo militante e un’attività politica che sia materialmente nel bel mezzo del conflitto sociale, dei movimenti contro sfruttamento e oppressione, della lotta di classe. Se si pone ancora oggi la complessa questione di come la coscienza politica socialista non sia mai stata un sottoprodotto spontaneo della lotta di classe in sé, La Voce è anche un mezzo pratico perché il comunismo, come politica, non sia né separato né tanto meno contrapposto al comunismo come “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”, come scrissero Karl Marx e Friedrich Engels.

Da qui, la necessità di mettere in connessione le lotte, di dare quanti più strumenti possibili di informazione e bilancio sull’andamento del movimento complessivo, di porre a confronto diversi metodi, programmi e idee politiche, per mettere alla prova quali sono quelli più adatti a far avanzare, appunto, il movimento reale. Un obiettivo che riprendiamo dalla migliore tradizione della stampa socialista sin dal suo periodo “classico”: nel suo esempio più democratico e rivoluzionario, quello del partito bolscevico, la stampa del partito era considerata non solo un agitatore e propagandista collettivo, ma un “organizzatore collettivo”. Nella Russia dei primi del Novecento, stampare e distribuire (in condizioni di clandestinità e con la redazione in esilio) il giornale Iskra una volta al mese in formato cartaceo e distribuirlo in tutto il paese costituiva lo sforzo più avanzato possibile dal punto di vista tecnico, ma anche un immenso sforzo militante, politico. Si può dire che la diffusione delle idee rivoluzionarie, degli slogan, delle proposte di lotta dei marxisti russi non sarebbe stata la stessa, non avrebbe avuto lo stesso successo, senza quello strumento: quel forte elemento di politicizzazione e organizzazione, non vagamente “di sinistra” ma rivoluzionaria e socialista, ha permesso alla rivoluzione russa di diventare il più rilevante evento della storia dell’umanità.

Con lo stesso spirito, ma un secolo dopo, ci sembra necessario aggiornare l’audacia di Lenin e l’importanza che ha dato a dotarsi dei mezzi più avanzati dell’epoca per diffondere idee rivoluzionarie: viviamo nell’epoca di internet e dei social, con cambiamenti, nelle abitudini quotidiane e nell’accesso all’informazione, mondiali e permanenti. Per questo vanno costantemente pensati e aggiornati gli strumenti e i modi di comunicare non tanto e non solo “tra compagni”, ma con un ampio pubblico di lavoratori, studenti, giovani precari che sono molto più curiosi e svegli di come li dipinge la retorica dei poveri ignoranti e “analfabeti digitali” che fa comodo ai partiti di governo e alla classe dominante.

Per questo pensiamo con Lenin che “unire il socialismo al movimento operaio” sia oggi più di ieri una sfida vitale e entusiasmante, e che le idee rivoluzionarie non siano condannate ad apparire davanti alle nuove generazioni come pezzi da museo o strumenti obsoleti. Dunque, i primi preziosi successi di questi primi anni ci spingono a continuare e a rilanciare la Voce delle Lotte come strumento di informazione e politica rivoluzionaria dentro il più ampio dibattito, dentro il conflitto reale. Per questo, i nostri redattori, reporter, corrispondenti non sono uno stuolo di di stipendiati da grandi apparati mediatici in mano a industriali, né battaglioni di professori e “amici del popolo” che non hanno un particolare bisogno di dotarsi di un giornale come strumento della lotta di classe e della politica rivoluzionaria, quando è a loro sufficiente commentare gli avvenimenti e, volendo, continuare la tradizione ampiamente fracassata della sinistra italiana di quasi un secolo, mai stata in grado di affermare e consolidare una sua tradizione, una sua organizzazione politica in totale rottura col PSI e col PCI, con i due traditori storici del socialismo e del movimento operaio – la socialdemocrazia e lo stalinismo nelle loro varie forme.

I nostri collaboratori sono lavoratori, giovani precari, discoccupati, studenti, donne in lotta che non vogliono delegare ai grandi giornali “democratici” o a “esperti” inarrivabili (come piace al “capo-sardina” Matteo Santori) il racconto dello sfruttamento e dell’oppressione che vivono, ma anche delle loro lotte e dei propri dibattiti culturali e politici, per costruire un’alternativa reale e credibile al mare dell’informazione che non prende partito per la causa della nostra emancipazione.

In questo senso, inaugurando la Voce, avevamo scritto:

Il movimento operaio e la sinistra a esso più o meno collegata si trovano dunque impreparati di fronte ai padroni nel campo dell’agitazione e propaganda e in molti casi si fanno conquistare dalla moda del nazionalismo e del sovranismo, portatrice di interessi materiali nemici del movimento operaio, invece di lanciare una propria politica indipendente, internazionalista poiché basata sui comuni interessi dei lavoratori di tutto il mondo.

Il nostro progetto è più ambizioso. Vogliamo che La Voce delle Lotte diventi un organizzatore collettivo per operai, studenti, donne, immigrati. Dare a questi settori della società uno strumento in cui riconoscersi e col quale costruire la propria prospettiva politica: quella della democrazia operaia, consiliare, socialista.
Un periodico, quindi, indipendente da imprenditori e fondazioni private, dal taglio redazionale internazionalista.

La Voce delle Lotte vuole essere un megafono, una cassa di risonanza, per l’organizzazione di scioperi, manifestazioni, proteste, momenti assembleari e democratici dei lavoratori e di tutti gli oppressi. Una tribuna politica operaia sulla quale esprimere le proprie posizioni e parlare di lavoro, scuola, ambiente, sanità, pensioni, trasporti, ma anche di cultura, teoria politica, attualità dei cinque continenti.

L’internazionalismo non è un accessorio: la nostra partecipazione alla Rete Internazionale di giornali online

Dopo un periodo durato anni di sbandate piuttosto diffuse anche nella sinistra operaia, “radicale”, sul tema del sovranismo, è difficile trovare oggi in Italia a sinistra chi non si dichiari “internazionalista”, fosse anche solo per contrapposizione formale al nazionalismo “sovranista” (cioè per la sovranità dei padroni, che già c’è) di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Va da sé che molto di questo “internazionalismo operaio” non va molto oltre le dichiarazioni, quando si verifica nella politica concreta in cosa consistono le pratiche “internazionaliste” della sinistra – dalla copertura più o meno integrale di Tsipras che in Grecia ha ampiamente tradito il mandato operaio e popolare di rottura con i dettati della troika BCE-UE-FMI, all’entusiasmo per la sinistra “del re” del PSOE e di Podemos nello Stato spagnolo – che non un dito hanno levato in solidarietà al popolo catalano mentre scattano sull’attenti quando passa il Re di Spagna. La vecchia tendenza ad adattarsi a “quello che c’è” – comprese tutte le vecchie istituzioni, inclusa la monarchia medievale! – è ancora fortissima anche nella sinistra “radicale” e impedisce lo sviluppo di un internazionalismo di classe che invece, specie di fronte a crisi di ampiezza mondiale che richiedono risposte molto oltre la scala nazionale, è sempre più indispensabile persino al livello di conservazione delle forze e dei diritti conquistati con le lotte passate.

In un mondo ben meno interconnesso, come quello di un secolo fa o un secolo e mezzo fa, i marxisti avevano sempre affermato che il socialismo sarebbe stata una nuova economia, una nuova società a scala internazionale – al contrario di quanto affermato da tutti gli Stalin, i Togliatti ed epigoni e goffi imitatori del caso. Oggi ancor più, quando un mese di blocco di una parte del commercio mondiale e delle attività industriali sta portando a una recessione potenzialmente devastante, per nulla congiunturale, ci sembra quanto meno fuori dalla realtà concepire e attuare la politica su scala nazionale o, addirittura, locale, senza porsi i problemi di organizzazione, metodi di lotta, programma e obiettivi politici su scala internazionale, con un confronto e una collaborazione quotidiani tra compagni di tutto il mondo.

Se ci siamo chiamati Frazione Internazionalista Rivoluzionaria, è stato precisamente per segnare uno stacco con una concezione astratta o “esotica” della politica internazionale. I nostri lettori abituali se ne sono sicuramente accorti: la sezione “Internazionale” della Voce è sempre stata uno dei nostri punti forti; non solo e non tanto per la nostra limitata capacità di seguire gli scenari esteri, ma come prodotto dell’intensa collaborazione con la Rete Internazionale di giornali online, che coordina gli sforzi di 12 giornali che pubblicano quotidianamente in 8 lingue diverse, raggiungendo ogni giorno centinaia di migliaia di lettori. Un riflesso dell’attività politica quotidiana comune con la Frazione Trotskista, corrente marxista internazionale della quale la FIR costituisce la sezione simpatizzante italiana, e di cui si possono leggere – senza i filtri dell’esotismo interessato della stampa italiana, anche di sinistra – gli articoli sulle lotte economiche e politiche, i grandi avvenimenti sociali, i dibattiti culturali di decine e decine di altri paesi. Una fonte e uno strumento potentissimi contro qualsiasi narrazione sovranista e nazionalista, ma anche contro il pessimismo, la delusione “perché le lotte non ci sono” e l’euro-centrismo, quando non più volgarmente l’italo-centrismo, da cui partono le analisi politiche.

 

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Come già scritto, la Voce delle Lotte è un giornale militante, che non vive di finanziamenti statali o di padroni grandi o piccoli che possano dettarne la linea, e la sua pubblicazione quotidiana è il frutto dello sforzo di tanti compagni e compagne. Proprio perché un rafforzamento insieme mediatico e politico della voce di sfruttati e oppressi non può venire da una indefinita stampa “illuminata”, in mano ai famosi “esperti” che ci tolgono il diritto di parola, chiediamo ai nostri lettori, specie in questo duro periodo di quarantena e isolamento sociale, di contattarci, di discutere insieme, di contribuire con testimonianze, denunce politiche e commenti, contributi di ogni tipo per alimentare una nostra risposta alla crisi di oggi, per discutere come diffondere e rendere popolari le idee che rompano con la narrazione dei grandi giornali, delle televisioni, di tutti i guru che non hanno alcun interesse, anzi, nella causa dell’unione e dell’emancipazione della classe lavoratrice, di tutti gli oppressi.

La Voce delle Lotte è qui per restare: partecipa anche tu alla sua crescita!

 

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.